poco prima che qualsiasi tipo di informazione fosse immolato sull’ara del terribile caso di violazione del diritto penale internazionale rappresentato dagli arresti in villa di Lady Mastella e della crisi da osteria che ne è seguita, i giornali italiani si sono a lungo occupati della liberazione a opera delle FARC di Clara Rojas e Consuelo Gonzales de Perdomo.
Qualcuno potrebbe illudersi, e pensare a un moto d’orgoglio della stampa casereccia e a un ritrovato interesse per le vicende internazionali non strettamente legato all’assegnazione di un trofeo internazionale di pedata, ma si ingannerebbe. La vicenda ha trovato il suo spazio più grazie al gossip che alla politica, e l’attenzione della stampa si è focalizzata sul bambino che Clara ha avuto da uno dei guerriglieri che la tenevano prigioniera. Inoltre la liberazione degli ostaggi consegnati nelle mani del presidente Venezuelano Hugo Chavez ai margini della giungla colombiana, sembrava poter essere il segno che fosse imminente anche quella di Ingrid Betancourt. Cosa per cui la stampa aveva messo da parte damigiane d’inchiostro, pronte ad essere versate per descrivere l’abbraccio della Betancourt ai figli e al marito che, con la foto degli stessi, aveva inondato la giungla boliviana come faceva la Galbani sulle nostrane spiagge quando il sottoscritto era di qualche anno più giovane.
Ovviamente nessuno si è degnato di fornirvi un paio di righe di spiegazione su cosa siano le FARC, e perché da anni organizzino queste interessanti scuole di sopravvivenza per ostaggi nel fitto della giungla boliviana. Eccezzion fatta per qualche quotidiano di sinistra, che li ha catalogati come bamboccioni innamorati delle comodità della vita all’aria aperta e della guerriglia, o imbecilli tout court.
Le FARC, nascono oltre quarant’anni fa come braccio armato del Partito Comunista Boliviano, e, a detta del governo americano, altro non sono che un gruppo di terroristi legati ai narcos, a detta loro, i rappresentati dei poveri contadini boliviani contro i soprusi di Uribe, dei suoi squadroni paramilitari, e l’arroganza delle multinazionali impegnate nelle privatizzazioni delle risorse naturali del paese. Sono un piccolo esercito che dovrebbe comprendere circa diecimila uomini, tra cui alcuni europei che si sono arruolati sposando la seconda tesi, e che controlla una ridotta porzione del paese. Alla sua guida vi è un settantenne, Tirofijo, soprannome che significa “colpo sicuro”, uomo che ha consumato la sua esistenza per la guerra fino a diventare il guerrigliero più anziano del mondo.
Non è certo mia intenzione prendere le difese delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, viste le sue connivenze coi narcos e i delitti di cui si sono macchiati, ma forse sarebbe il caso di porsi qualche domanda e chiedersi perché le FARC siano presenti da circa quarant’anni in Colombia, mentre non si segnali un equivalente nei boschi della Lapponia o di qualche altro paese democratico tipo, che so, l’Australia o la Nuova Zelanda. E se la risposta dovesse essere che, forse, per far nascere la guerriglia, un governo mafioso e corrotto come quello di Uribe è humus decisamente più fertile che una moderna democrazia socialdemocratica, pensate che questo significhi portare la mia penna al di fuori dell’arco costituzionale?
Il problema nasce dal fatto che quando vedo gli avvocati della difesa sedersi al tavolo di quelli dell’accusa lasciando sguarnito il proprio, e quando apprendo che ad un giornalista in procinto di andare a intervistare i capi della guerriglia, in cambio del tradimento, è stato promesso dagli Stati Uniti, testuali parole, tanto denaro quanto un uomo non avrebbe potuto spendere nella vita, oltre che protezione e la nazionalità a stelle e strisce, qualche dubbio su dove siano i buoni e dove i cattivi si materializza dalle mie parti.
La conclusione di questi brevi cenni può avere lo stesso sapore amaro delle vicende cui abbiamo accennato, e puntare il dito sul fatto che la nostra speranza di qualche notizia di politica internazionale è strettamente legato all’insorgere della Sindrome di Stoccolma o alla possibilità di ridurre le travagliate vicende di un paese a un problema di ricongiungimento famigliare, a livello del peggio della De Filippi.
Ad pejora!
Qualcuno potrebbe illudersi, e pensare a un moto d’orgoglio della stampa casereccia e a un ritrovato interesse per le vicende internazionali non strettamente legato all’assegnazione di un trofeo internazionale di pedata, ma si ingannerebbe. La vicenda ha trovato il suo spazio più grazie al gossip che alla politica, e l’attenzione della stampa si è focalizzata sul bambino che Clara ha avuto da uno dei guerriglieri che la tenevano prigioniera. Inoltre la liberazione degli ostaggi consegnati nelle mani del presidente Venezuelano Hugo Chavez ai margini della giungla colombiana, sembrava poter essere il segno che fosse imminente anche quella di Ingrid Betancourt. Cosa per cui la stampa aveva messo da parte damigiane d’inchiostro, pronte ad essere versate per descrivere l’abbraccio della Betancourt ai figli e al marito che, con la foto degli stessi, aveva inondato la giungla boliviana come faceva la Galbani sulle nostrane spiagge quando il sottoscritto era di qualche anno più giovane.
Ovviamente nessuno si è degnato di fornirvi un paio di righe di spiegazione su cosa siano le FARC, e perché da anni organizzino queste interessanti scuole di sopravvivenza per ostaggi nel fitto della giungla boliviana. Eccezzion fatta per qualche quotidiano di sinistra, che li ha catalogati come bamboccioni innamorati delle comodità della vita all’aria aperta e della guerriglia, o imbecilli tout court.
Le FARC, nascono oltre quarant’anni fa come braccio armato del Partito Comunista Boliviano, e, a detta del governo americano, altro non sono che un gruppo di terroristi legati ai narcos, a detta loro, i rappresentati dei poveri contadini boliviani contro i soprusi di Uribe, dei suoi squadroni paramilitari, e l’arroganza delle multinazionali impegnate nelle privatizzazioni delle risorse naturali del paese. Sono un piccolo esercito che dovrebbe comprendere circa diecimila uomini, tra cui alcuni europei che si sono arruolati sposando la seconda tesi, e che controlla una ridotta porzione del paese. Alla sua guida vi è un settantenne, Tirofijo, soprannome che significa “colpo sicuro”, uomo che ha consumato la sua esistenza per la guerra fino a diventare il guerrigliero più anziano del mondo.
Non è certo mia intenzione prendere le difese delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia, viste le sue connivenze coi narcos e i delitti di cui si sono macchiati, ma forse sarebbe il caso di porsi qualche domanda e chiedersi perché le FARC siano presenti da circa quarant’anni in Colombia, mentre non si segnali un equivalente nei boschi della Lapponia o di qualche altro paese democratico tipo, che so, l’Australia o la Nuova Zelanda. E se la risposta dovesse essere che, forse, per far nascere la guerriglia, un governo mafioso e corrotto come quello di Uribe è humus decisamente più fertile che una moderna democrazia socialdemocratica, pensate che questo significhi portare la mia penna al di fuori dell’arco costituzionale?
Il problema nasce dal fatto che quando vedo gli avvocati della difesa sedersi al tavolo di quelli dell’accusa lasciando sguarnito il proprio, e quando apprendo che ad un giornalista in procinto di andare a intervistare i capi della guerriglia, in cambio del tradimento, è stato promesso dagli Stati Uniti, testuali parole, tanto denaro quanto un uomo non avrebbe potuto spendere nella vita, oltre che protezione e la nazionalità a stelle e strisce, qualche dubbio su dove siano i buoni e dove i cattivi si materializza dalle mie parti.
La conclusione di questi brevi cenni può avere lo stesso sapore amaro delle vicende cui abbiamo accennato, e puntare il dito sul fatto che la nostra speranza di qualche notizia di politica internazionale è strettamente legato all’insorgere della Sindrome di Stoccolma o alla possibilità di ridurre le travagliate vicende di un paese a un problema di ricongiungimento famigliare, a livello del peggio della De Filippi.
Ad pejora!