Che l’Iraq sia diventata una trappola per i soldati americani non vi è alcun dubbio. Da queste considerazioni devono essere partiti i geniali strateghi che hanno invitato i soldati a costruire trappole per il nemico, più precisamente trappole per topi. Il funzionamento è molto semplice: dopo aver finto di abbandonare ai margini della strada detonatori, micce e esplosivi, i cecchini si appostano e fanno fuoco su chiunque mostri di essere interessato al simpatico cadeaux. Questi valorosi combattenti, battezzati “ diavoli dipinti “, sono peraltro finiti di fronte alla corte marziale, accusati di aver ucciso a sangue freddo alcuni contadini e di aver poi collocato gli indizi sui cadaveri. Nel tentativo di difendersi avevano accusato i superiori e messo la corte a conoscenza dei giochi da luna-park di cui sopra.
Qualche considerazione.
Prima della seconda guerra mondiale, per gli Italiani l’America era soprattutto un meta o un entità lontana. Poi i nostri connazionali hanno potuto vedere da vicino i soldati americani, accogliendoli con gratitudine, ricambiata da cioccolata e stecche di sigarette. Gettato dietro le spalle l’incubo del conflitto, il nostro paese ha finito per conoscere bene gli Stati Uniti. La stragrande maggioranza dei film che venivano proiettati arrivavano da oltreoceano, e ci mostravano un popolo curioso, dedito ai riti domenicali del barbecue, alla guida di macchine improbabili e ingombranti o di motociclette rombanti. Spesso li abbiamo presi come modello e li abbiamo imitati.
Poi le cose sono degenerate. Le vite dei presidenti hanno cominciato a farsi effimere, e gli stessi a morire, per mano non si sa fino a che punto altrui. Cambogia e Vietnam hanno aumentato sgomento e perplessità, fino a constatare, sia pur con ritardo, come dietro le pagine più buie della storia, Cile e Argentina per esempio, ci fosse sempre un’ombra a stelle e strisce.
Oggi credo che molti di noi abbiano ulteriormente preso le distanze dal paese “ delle grandi opportunità “. E credo che come me, pur partendo da una posizione fortemente critica nei confronti della nazione in cui viviamo, siano orgogliosi che i nostri figli siano costretti a passare sotto i metal detector solo quando li carichiamo in aereo per portarli a scoprire qualche angolo di mondo… a scuola può ancora bastare un’occhiata del bidello.
L’Iraq infine sta mettendo a nudo un re, i cui ultimi paludamenti erano scomparsi in un giorno di settembre e nei folli mesi che lo hanno seguito. Le violenze assurde e gratuite di Abu Ghraib, gli stupri, gli omicidi a sangue freddo, e ogni giorno qualche perla, come quella succitata, che si aggiunge alla collezione.Per concludere, credo sia venuto il momento che l’America trovi il coraggio di ripensare a se stessa e ai meccanismi che l’hanno condotta così in basso. Se non troverà la forza per una profonda autocritica, forse riuscirà a salvare l’appoggio diplomatico e militare da parte degli altri paesi, non certo la considerazione della stragrande maggioranza dei cittadini che li abitano. Sempre che a loro la cosa interessi…
Qualche considerazione.
Prima della seconda guerra mondiale, per gli Italiani l’America era soprattutto un meta o un entità lontana. Poi i nostri connazionali hanno potuto vedere da vicino i soldati americani, accogliendoli con gratitudine, ricambiata da cioccolata e stecche di sigarette. Gettato dietro le spalle l’incubo del conflitto, il nostro paese ha finito per conoscere bene gli Stati Uniti. La stragrande maggioranza dei film che venivano proiettati arrivavano da oltreoceano, e ci mostravano un popolo curioso, dedito ai riti domenicali del barbecue, alla guida di macchine improbabili e ingombranti o di motociclette rombanti. Spesso li abbiamo presi come modello e li abbiamo imitati.
Poi le cose sono degenerate. Le vite dei presidenti hanno cominciato a farsi effimere, e gli stessi a morire, per mano non si sa fino a che punto altrui. Cambogia e Vietnam hanno aumentato sgomento e perplessità, fino a constatare, sia pur con ritardo, come dietro le pagine più buie della storia, Cile e Argentina per esempio, ci fosse sempre un’ombra a stelle e strisce.
Oggi credo che molti di noi abbiano ulteriormente preso le distanze dal paese “ delle grandi opportunità “. E credo che come me, pur partendo da una posizione fortemente critica nei confronti della nazione in cui viviamo, siano orgogliosi che i nostri figli siano costretti a passare sotto i metal detector solo quando li carichiamo in aereo per portarli a scoprire qualche angolo di mondo… a scuola può ancora bastare un’occhiata del bidello.
L’Iraq infine sta mettendo a nudo un re, i cui ultimi paludamenti erano scomparsi in un giorno di settembre e nei folli mesi che lo hanno seguito. Le violenze assurde e gratuite di Abu Ghraib, gli stupri, gli omicidi a sangue freddo, e ogni giorno qualche perla, come quella succitata, che si aggiunge alla collezione.Per concludere, credo sia venuto il momento che l’America trovi il coraggio di ripensare a se stessa e ai meccanismi che l’hanno condotta così in basso. Se non troverà la forza per una profonda autocritica, forse riuscirà a salvare l’appoggio diplomatico e militare da parte degli altri paesi, non certo la considerazione della stragrande maggioranza dei cittadini che li abitano. Sempre che a loro la cosa interessi…
1 commento:
Giusto per rimanere in tema, ho pensato di postare questa canzone...
( The end - Doors )
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