Paul Tibbets ha dovuto aspettare 62 anni per raggiungere le circa centomila persone che il 6 agosto del ’45 vennero incenerite da “ Little Boy”, la bomba atomica sganciata dal bombardiere “Enola Gay” di cui era al comando e che prese il nome da sua madre.
La storia è nota a tutti: si decise di bombardare due città, che inizialmente avrebbero dovuto essere Kyoto e Hiroshima, per avere a disposizione un obbiettivo più facile di un’istallazione militare e per ottenere un impatto psicologico devastante. Hiroshima fu preferita per la presenza di un deposito di armi che avrebbe amplificato il risultato dell’esplosione e per la cerchia di colline che la circondavano e avrebbero dovuto contenere la dispersione del fallout nucleare. Kyoto fu sostituita con Nagasaki.
Tibbets in seguito ha detto: “Non sono orgoglioso di aver ucciso quelle persone, ma sono orgoglioso di essere partito dal niente, aver pianificato l'intera operazione ed essere riuscito a eseguire il lavoro perfettamente. So cosa ho fatto e lo rifarei, in una situazione simile. Se non avessimo compiuto quella missione, l'umanità avrebbe perso molto. La notte dormo bene.”
Nel 1976 Tibbets organizzò uno show nel quale, con un B-29, rimise in scena in Texas lo sgancio della bomba: gli Usa furono costretti a scusarsi con il governo giapponese, dopo violente proteste. Nel 1995, l'ex colonnello fu coinvolto nelle polemiche per il progetto del museo Smithsonian di esporre “Enola Gay” in occasione del 50° anniversario del bombardamento. Pacifisti e veterani di guerra diedero vita a manifestazioni di protesta contro le quali Tibbets si ribellò, definendole “un enorme insulto”. Dopo aver lasciato il Pentagono con il grado di generale, Tibbets si era dedicato a pilotare jet lussuosi prima a Ginevra, poi in Ohio.
Robert Lewis, il capitano che era a bordo della superfortezza volante, invece, scrisse sul suo registro: "Dio mio, che cosa abbiamo fatto?"
Theodore Van Kirk, navigatore di bordo sull'Enola Gay, ammise: "Io lasciai Hiroshima, ma Hiroshima non lasciò mai me".
Ancora tre piccole note:
Nessun Presidente degli Stati Uniti in carica ha mai visitato Hiroshima.
A testimoniare le sofferenze patite in quei giorni ci pensano i sopravvissuti. In giapponese hanno un nome specifico: hibakusha.
Rimangono solo due membri ancora in vita dei dodici che formavano l’equipaggio di “Enola Gay”.
Da allora ci siamo battuti con successo perché un’altra Hiroshima non avesse a ripetersi. Oggi continuiamo a scrivere e a lottare, per un mondo in cui dovranno esserci più Robert Lewis e meno Paul Tibbets.
La storia è nota a tutti: si decise di bombardare due città, che inizialmente avrebbero dovuto essere Kyoto e Hiroshima, per avere a disposizione un obbiettivo più facile di un’istallazione militare e per ottenere un impatto psicologico devastante. Hiroshima fu preferita per la presenza di un deposito di armi che avrebbe amplificato il risultato dell’esplosione e per la cerchia di colline che la circondavano e avrebbero dovuto contenere la dispersione del fallout nucleare. Kyoto fu sostituita con Nagasaki.
Tibbets in seguito ha detto: “Non sono orgoglioso di aver ucciso quelle persone, ma sono orgoglioso di essere partito dal niente, aver pianificato l'intera operazione ed essere riuscito a eseguire il lavoro perfettamente. So cosa ho fatto e lo rifarei, in una situazione simile. Se non avessimo compiuto quella missione, l'umanità avrebbe perso molto. La notte dormo bene.”
Nel 1976 Tibbets organizzò uno show nel quale, con un B-29, rimise in scena in Texas lo sgancio della bomba: gli Usa furono costretti a scusarsi con il governo giapponese, dopo violente proteste. Nel 1995, l'ex colonnello fu coinvolto nelle polemiche per il progetto del museo Smithsonian di esporre “Enola Gay” in occasione del 50° anniversario del bombardamento. Pacifisti e veterani di guerra diedero vita a manifestazioni di protesta contro le quali Tibbets si ribellò, definendole “un enorme insulto”. Dopo aver lasciato il Pentagono con il grado di generale, Tibbets si era dedicato a pilotare jet lussuosi prima a Ginevra, poi in Ohio.
Robert Lewis, il capitano che era a bordo della superfortezza volante, invece, scrisse sul suo registro: "Dio mio, che cosa abbiamo fatto?"
Theodore Van Kirk, navigatore di bordo sull'Enola Gay, ammise: "Io lasciai Hiroshima, ma Hiroshima non lasciò mai me".
Ancora tre piccole note:
Nessun Presidente degli Stati Uniti in carica ha mai visitato Hiroshima.
A testimoniare le sofferenze patite in quei giorni ci pensano i sopravvissuti. In giapponese hanno un nome specifico: hibakusha.
Rimangono solo due membri ancora in vita dei dodici che formavano l’equipaggio di “Enola Gay”.
Da allora ci siamo battuti con successo perché un’altra Hiroshima non avesse a ripetersi. Oggi continuiamo a scrivere e a lottare, per un mondo in cui dovranno esserci più Robert Lewis e meno Paul Tibbets.
10 commenti:
Qualche anno fa ho investito un cane con la mia auto.
Non si è fatto quasi nulla, per fortuna.
Io sono stato male per giorni.
Non giudico, la logica della guerra non la capisco e quindi direi forse sciocchezze.
ma la penso come te. Più Robert Lewis e meno Paul Tibbets.
Un sorriso più veloce della luce
Mister X di Comicomix
@ Comicomix: io credo che come esseri umani siamo oltremodo fallibili. Facciamo errori in continuazione, a volte con delle conseguenze anche drammatiche. Qualcuno comprende subito, altri ci mettono anni, molti non ci arrivano mai.
Robert Lewis ha compreso subito, in un contesto in cui era facile trovare giustificazioni, o far riferimento all'ordine ricevuto. Ecco perchè credo che persone come lui sono quelle che possono costruire un mondo migliore.
Un sorriso lento, ma costante.
@ Lisa: assunzione di reponsabilità, la capacità di vedere l'orrore nell'errore, doti preziose per l'umanità di un uomo.
Tienilo aperto il tuo blog: abbiamo bisogno dei suoi saggi consigli!
Una Buona Domenica
Quoto! Lisa
o.t.: sempre primo fu questo SuperMisterX di ComicoNasix ;-)
se MisterX fosse nato nel West, sarebbe stata una strage :)
Buon fine settimana, Lisa.
Io sono un pacifico pacifista ;-)
Un sorriso più veloce della luce
Mister X di Comicomix
ok! il pacifista più veloce del West :)
Sono pieno di cicatrici. Grazie.
Le cicatrici sono i segni che un uomo ha vissuto davvero... specie quelle morali!
Sono stata a Hiroshima questa estate e ho visitato il parco della pace e il museo: dignitoso, misurato, quasi piccolo.
Ma man mano che passi il tempo li dentro ti assale una grande angoscia e ti prende la voglia di scappare perche' capisci cosa sono le radiazioni e ti chiedi "chi te l'ha fatto fare".
Su dei muri ci sono tutti i messaggi che i sindaci di H. hanno mandato ad ambasciatori e presidenti dei paesi che hanno svolto test nucleari ed e' l'unica volta in cui sei felice di non vedere il nome del tuo paese.
Morgana
E' strano come nei luoghi di immani tragedie paia rimanere sospeso nell'aria, come pulviscolo, l'orrore. E' una testimonianza che ripetono molti degli abitanti di località dove vi erano i campi di concentramento.
Grazie per il contributo, e per la visita.
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