
ci sono momenti in cui mi vergogno di essere italiano, e la cosa tende a manifestarsi in particolar modo quando mi ritrovo in vacanza con i miei connazionali all’estero. Anzi la cosa negli ultimi anni ha assunto un risvolto clinico e l’insofferenza di è trasformata in allergia, con le conseguenze del caso.
Credo la ragione profonda dell’avversione derivi dal inopinato fatto che non sono un vacanziero. Non ho mai avuto il mito della vacanza come status symbol, non ho mai contato i giorni che mi separano dalle ferie, e negli anni in cui le mie finanze non avevano andamenti particolarmente in linea con la tanto decantata ripresa italiana, ho rinunciato alle vacanze o ho ripiegato con soddisfazione su mete autarchiche.
Comprendo che un tale sfrontato outing sia tale da poter portare alla revoca del passaporto, da inimicarmi buona parte del paese, e che comporti il rischio di trovarmi la porta della mia abitazione unta o segnata con una croce… ma siete amici e debbo dirvi la verità.
Un attacco piuttosto serio della malattia l’ho provato nella serata di ieri, ascoltando le dichiarazioni degli italiani che avevano dovuto interrompere le vacanze in Kenya. Erano tutte improntate a un fastidio che tendeva a sconfinare nella rabbia per la prematura scomparsa di una parte significativa della loro vacanza. Tutte stigmatizzavano la decisione dei tour operator di farli rientrare, dal momento che in Kenia non stava accadendo assolutamente nulla: e in effetti, per chi ritiene che l’unico motivo dell’esistenza della gente di colore, sia quella di verificare il grado della propria abbronzatura, qualche bambino arso vivo in una chiesa si può far tranquillamente rientrare in quel nulla che così bene si abbina a quello che hanno nella scatola cranica.
Del resto in questo atteggiamento di sufficienza erano ben confortati.
Il sottosegretario agli esteri, Bobo Craxi, che proprio da qualche giorno si trovava in zona, non per motivi di vacanza come qualche maligno potrebbe ventilare, ma per aver brillantemente intuito la drammatica piega che gli avvenimenti potevano prendere, ci tiene a farci sapere che in Kenya la situazione è oltremodo calma. E questo potremmo anche perdonarglielo: per vecchie ragioni di famiglia, è inevitabile che le situazioni politiche africane gli paiano decisamente più tranquillizzanti di quelle italiane.
Meno comprensibili, invece, le dichiarazioni del console onorario di Malindi, Roberto Macrì. Ha assicurato che nella località turistica tanto amata dagli italiani finora " non si è registrato alcun problema " e che, anzi, il Capodanno si è svolto secondo le tradizioni: " una bellissima festa, tantissima gente e tutti i locali pieni ”.Grazie Macrì, non so come tu abbia fatto ad intuire che il nostro interesse per il Kenya in questi giorni era quello di sapere se nella bellissima festa abbiate dato la preferenza al panettone o al pandoro, e ti imploro affinché questo dubbio possa al più presto dissolversi… cinquanta morti bruciati vivi in una chiesa? …hai ragione, Macrì, quando si festeggia a volte, capita di esagerare…
Credo la ragione profonda dell’avversione derivi dal inopinato fatto che non sono un vacanziero. Non ho mai avuto il mito della vacanza come status symbol, non ho mai contato i giorni che mi separano dalle ferie, e negli anni in cui le mie finanze non avevano andamenti particolarmente in linea con la tanto decantata ripresa italiana, ho rinunciato alle vacanze o ho ripiegato con soddisfazione su mete autarchiche.
Comprendo che un tale sfrontato outing sia tale da poter portare alla revoca del passaporto, da inimicarmi buona parte del paese, e che comporti il rischio di trovarmi la porta della mia abitazione unta o segnata con una croce… ma siete amici e debbo dirvi la verità.
Un attacco piuttosto serio della malattia l’ho provato nella serata di ieri, ascoltando le dichiarazioni degli italiani che avevano dovuto interrompere le vacanze in Kenya. Erano tutte improntate a un fastidio che tendeva a sconfinare nella rabbia per la prematura scomparsa di una parte significativa della loro vacanza. Tutte stigmatizzavano la decisione dei tour operator di farli rientrare, dal momento che in Kenia non stava accadendo assolutamente nulla: e in effetti, per chi ritiene che l’unico motivo dell’esistenza della gente di colore, sia quella di verificare il grado della propria abbronzatura, qualche bambino arso vivo in una chiesa si può far tranquillamente rientrare in quel nulla che così bene si abbina a quello che hanno nella scatola cranica.
Del resto in questo atteggiamento di sufficienza erano ben confortati.
Il sottosegretario agli esteri, Bobo Craxi, che proprio da qualche giorno si trovava in zona, non per motivi di vacanza come qualche maligno potrebbe ventilare, ma per aver brillantemente intuito la drammatica piega che gli avvenimenti potevano prendere, ci tiene a farci sapere che in Kenya la situazione è oltremodo calma. E questo potremmo anche perdonarglielo: per vecchie ragioni di famiglia, è inevitabile che le situazioni politiche africane gli paiano decisamente più tranquillizzanti di quelle italiane.
Meno comprensibili, invece, le dichiarazioni del console onorario di Malindi, Roberto Macrì. Ha assicurato che nella località turistica tanto amata dagli italiani finora " non si è registrato alcun problema " e che, anzi, il Capodanno si è svolto secondo le tradizioni: " una bellissima festa, tantissima gente e tutti i locali pieni ”.Grazie Macrì, non so come tu abbia fatto ad intuire che il nostro interesse per il Kenya in questi giorni era quello di sapere se nella bellissima festa abbiate dato la preferenza al panettone o al pandoro, e ti imploro affinché questo dubbio possa al più presto dissolversi… cinquanta morti bruciati vivi in una chiesa? …hai ragione, Macrì, quando si festeggia a volte, capita di esagerare…