
le cose sono andate più o meno così: ieri mi apprestavo a commentare la notizia che Ahmetovic, il rom che ubriaco aveva investito e ucciso quattro ragazzi con un furgone, aveva ricevuto 30 mila euro per fare da testimonial per una marca di jeans ed è in procinto di firmare anche per una di occhiali per altri 30 mila.
Appresa la notizia, ho pensato che se è vera quella storia di “toccare il fondo e iniziare a scavare” ormai siamo giunti agli antipodi. Ovviamente, avrei riversato la mia rabbia non tanto sul povero bastardo (non nel senso nobile in cui l’ha inteso Piero Chiara) che ha investito i ragazzi ad Appignano e grazie al meccanismo giuridico della multiproprietà, ha scambiato un soggiorno in carcere con uno in residence vista mare, ma su quella forma di esistenza biologica che per la sua inutile e ributtante semplicità, sarebbe sbagliato paragonare ad un acaro che abita i materassi, quanto piuttosto alla placca batterica, che in mancanza di collutorio se la spassa tra denti e gengive: ovvero lo sponsor.
A questo punto la penna è intervenuta, e con calma mi ha fatto ragionare.
Basta sederci dalla parte del torto, basta graffiare individui che paiono spregevoli solo a noi e ai nostri trenta sottoscrittori di feed, basta difendere posizioni di retroguardia che sono superate dal tempo e dal comune sentire. Facciamo il grande salto di qualità e adeguiamoci. Il mostro di Perugia ha un ritorno mediatico da far impallidire Murdoch, ti vendi quei quattro BOT che non rendono più nulla, lo mettiamo a libro paga e lo facciamo diventare testimonial della nostra pagina. In quindici giorni andiamo a prendere Grillo e poi ci portiamo su tirature da grande carta stampata… questo mi ha detto.
Così ho contattato l’agente del rom, che nel giro di un quarto d’ora ha vinto tutte le mie perplessità: la cosa è decisamente fattibile, bisogna muoversi subito perché le indagini sembrano aver imboccato la dirittura d’arrivo, i soldi possono bastare come anticipo e per il saldo arriveranno quelli dei miei sponsor, e mi ha anche fatto intuire che sarebbe utile preferire Amanda, decisamente più telegenica e intrigante degli altri protagonisti della vicenda. Preferire? …sì, mi ha spiegato che non si possono ungere i meccanismi della giustizia, ma quelli della carta stampata non si tirano certo indietro, e in caso di processi sono loro ad avere l’ultima parola.
Sono tornato dalla penna e ho riferito.
Nel tentativo di convincerla a desistere le ho spiegato che l’agente, per ottimizzare la resa della campagna pubblicitaria, si era raccomandato il cambio nome da “ la penna che graffia “ a “ la penna che taglia “.
So che ha patito, ma ha finto il contrario e, dopo un attimo di esitazione, ha concluso che ogni tanto può anche essere utile cambiare.
E l’etica?
“ La nuova etica è questa, amico mio… ” ha concluso ridendo.
Appresa la notizia, ho pensato che se è vera quella storia di “toccare il fondo e iniziare a scavare” ormai siamo giunti agli antipodi. Ovviamente, avrei riversato la mia rabbia non tanto sul povero bastardo (non nel senso nobile in cui l’ha inteso Piero Chiara) che ha investito i ragazzi ad Appignano e grazie al meccanismo giuridico della multiproprietà, ha scambiato un soggiorno in carcere con uno in residence vista mare, ma su quella forma di esistenza biologica che per la sua inutile e ributtante semplicità, sarebbe sbagliato paragonare ad un acaro che abita i materassi, quanto piuttosto alla placca batterica, che in mancanza di collutorio se la spassa tra denti e gengive: ovvero lo sponsor.
A questo punto la penna è intervenuta, e con calma mi ha fatto ragionare.
Basta sederci dalla parte del torto, basta graffiare individui che paiono spregevoli solo a noi e ai nostri trenta sottoscrittori di feed, basta difendere posizioni di retroguardia che sono superate dal tempo e dal comune sentire. Facciamo il grande salto di qualità e adeguiamoci. Il mostro di Perugia ha un ritorno mediatico da far impallidire Murdoch, ti vendi quei quattro BOT che non rendono più nulla, lo mettiamo a libro paga e lo facciamo diventare testimonial della nostra pagina. In quindici giorni andiamo a prendere Grillo e poi ci portiamo su tirature da grande carta stampata… questo mi ha detto.
Così ho contattato l’agente del rom, che nel giro di un quarto d’ora ha vinto tutte le mie perplessità: la cosa è decisamente fattibile, bisogna muoversi subito perché le indagini sembrano aver imboccato la dirittura d’arrivo, i soldi possono bastare come anticipo e per il saldo arriveranno quelli dei miei sponsor, e mi ha anche fatto intuire che sarebbe utile preferire Amanda, decisamente più telegenica e intrigante degli altri protagonisti della vicenda. Preferire? …sì, mi ha spiegato che non si possono ungere i meccanismi della giustizia, ma quelli della carta stampata non si tirano certo indietro, e in caso di processi sono loro ad avere l’ultima parola.
Sono tornato dalla penna e ho riferito.
Nel tentativo di convincerla a desistere le ho spiegato che l’agente, per ottimizzare la resa della campagna pubblicitaria, si era raccomandato il cambio nome da “ la penna che graffia “ a “ la penna che taglia “.
So che ha patito, ma ha finto il contrario e, dopo un attimo di esitazione, ha concluso che ogni tanto può anche essere utile cambiare.
E l’etica?
“ La nuova etica è questa, amico mio… ” ha concluso ridendo.
scusate: trovatevi un pizzino e scriveteci sopra “Romjeans”, e conservatelo con la stessa cura di un capo mandamento.