
sono solo un mattone.
Un mattone che fa parte di un muro molto lungo.
Non so quanti siamo. La funzione è il ricordo, e dovremmo essere trentamila.
Non sono carico di storia come le pietre che compongono il selciato di una piazza nel centro della città. Ma conosco la storia.
La storia di questa terra di cui sono fatto, la storia che ci siamo lasciati alle spalle.
La storia che ha trasformato queste donne.
E le donne arrivano.
I capelli sono bianchi, nascosti da panuelos. Una volta fasce dello stesso colore. Ora foulard, ora un simbolo.
Sono poche e faticano ad arrivare.
Mi guardano e si appoggiano a me, vinte dal ricordo o da una vecchiaia che è arrivata presto.
Sono poche e vecchie le madri di Plaza de Majo.
Piegate dalla storia e mai vinte dalla storia. Ora piegate dagli anni.
Hanno occhi freddi le madri di Plaza de Majo. Freddi e asciutti.
Induriti da una battaglia durata per anni, e resi sterili dagli anni.
Quasi vecchi anche i loro figli e le loro figlie.
Se avessero vissuto quella vita che gli è stata rubata.
Straziata.
Gettata viva da un aeroplano in un fiume.
Il ventri squarciati perché non tornassero a galla.
I voli della morte.
Non riesco a capire, sono solo un muro. Un muro che sostiene le madri di Plaza de Majo.
Avessi la parola, non saprei cosa dire loro. Il tempo e la storia le hanno lasciate indietro, ormai liberate anche dagli aguzzini. Sole con i loro ricordi e coi ricordi che non hanno mai avuto.
Il tempo se le prenderà, e rimarrò io a tener viva la memoria.
Almeno fin che il tempo non cancellerà anche me.