
il giardino è molto piccolo.
Appena lo slargo di un viale alberato schiacciato da due strade.
Poco frequentato d’estate, soffre la concorrenza di spazi più verdi e più ampi: qualche mamma con bambino e qualche persona anziana in cerca di ombra ristoratrice. Deserto in inverno.
Dalla mia posizione, potevo vedere due panchine interamente e altre due appena metà, e su una delle due panchine di fronte sedeva l’uomo. Vestito in modo elegante, un borsa da lavoro in pelle, aveva esitato prima di sedersi, quasi avesse paura di rovinare il vestito blu di sartoria. Il vecchio arrivò più tardi. A lui i vestiti parevano aggrapparsi ostinatamente ad quel che restava del corpo. Era davvero molto anziano, e si sedette sull’altra panchina. Tra le mani portava un sacchetto di plastica: mi sono sempre chiesto perché i vecchi sembrino non poter fare a meno di una busta di nylon, quasi ci tengano a portarsi appresso quel che rimane, o quel che è stato, della loro vita.
L’uomo assaporava con voluttà un sigaro sottile: pensai fosse appena uscito da uno dei ristoranti della zona. Non sembrò minimamente interessato al vecchio, che invece divideva la sua attenzione tra me e l’uomo.
Passarono alcuni minuti prima che il vecchio si alzasse e muovesse qualche passo in direzione dell’uomo. Questo parve infastidito, incerto tra la cortesia e la volontà di finire di assaporare uno dei primi soli primaverili e il fumo che si alzava pigro nell’aria.
“ Mi scusi ” disse il vecchio.
“ Sì… “ rispose l’uomo.
“ Vorrei che non mi giudicasse male… “
“ Mi dica pure. “
“ Vorrei che non giudicasse male quello che sto per fare. “
Il vecchio parve perdere il filo, e l’uomo, che fin a quel momento era rimasto seduto, quasi a volerlo aiutare, si sentì in dovere di alzarsi.
“ Lei è troppo giovane “ riprese il vecchio. “ Francesco… beh, noi lo chiamavamo Cesco in famiglia. Francesco quella notte doveva tornare in paese a procurarsi del cibo… ah sì, e delle coperte… aveva ripreso a fare un gran freddo in montagna quella primavera. “
Il vecchio s’interruppe, quasi si aspettasse un aiuto dall’uomo, una qualche domanda. Ma tutto quello che ottenne fu un semplice “sì…”
“ Sapeva che erano giorni che non riuscivo a vedere Maria… allora mica potevamo immaginare che l’avrei vista tutti i giorni per quasi cinquant’anni. “ Il vecchio accennò un sorriso. “ Mi disse di andare, ricordo bene, mi disse: “Dai muoviti… va!”. E io sono corso via, senza nemmeno salutarlo, forse un cenno… chissà…”
L’uomo stava per dire qualcosa, ma il vecchio riprese a parlare.
“ Ci sono ancora i buchi in quel muro. E’ un po’ di tempo che non vado, ma fino a qualche anno fa c’erano ancora i buchi. “
Vidi che aveva tirato fuori dal sacchetto qualcosa, ma dalla mia prospettiva ero coperto dall’uomo. Sembrava un telo bianco.
“ Francesco era il minore, più giovane di me di un paio d’anni. Era lui che sognava, che mi aveva convinto a fare qualcosa. Sognava la libertà, mi diceva che avremo costruito un paese migliore… “
Vidi il vecchio che veniva nella mia direzione, vidi che mi fissava e che l’uomo lo fissava a sua volta. Poi non fui in grado di vedere più nulla.
Superato lo stupore, sentii i passi del vecchio che si allontanavano in direzione dell’uomo.
“ Mi scusi… non mi sono neppure presentato. “
“Ma…” disse l’uomo.
“ Giovanni Alletti…” disse il vecchio. “E’ il 25 Aprile, e, almeno oggi, non voglio che Francesco possa vedere tutto questo. “
Sentii allontanarsi il vecchio e avvicinarsi l’uomo.
Mi chiesi se l’uomo avesse notato che “Alberto Alletti” era il primo dei ventiquattro nomi che, come tatuaggi sbiaditi dal sole, da sempre fanno contrasto al pallore della mia pelle di marmo.
Appena lo slargo di un viale alberato schiacciato da due strade.
Poco frequentato d’estate, soffre la concorrenza di spazi più verdi e più ampi: qualche mamma con bambino e qualche persona anziana in cerca di ombra ristoratrice. Deserto in inverno.
Dalla mia posizione, potevo vedere due panchine interamente e altre due appena metà, e su una delle due panchine di fronte sedeva l’uomo. Vestito in modo elegante, un borsa da lavoro in pelle, aveva esitato prima di sedersi, quasi avesse paura di rovinare il vestito blu di sartoria. Il vecchio arrivò più tardi. A lui i vestiti parevano aggrapparsi ostinatamente ad quel che restava del corpo. Era davvero molto anziano, e si sedette sull’altra panchina. Tra le mani portava un sacchetto di plastica: mi sono sempre chiesto perché i vecchi sembrino non poter fare a meno di una busta di nylon, quasi ci tengano a portarsi appresso quel che rimane, o quel che è stato, della loro vita.
L’uomo assaporava con voluttà un sigaro sottile: pensai fosse appena uscito da uno dei ristoranti della zona. Non sembrò minimamente interessato al vecchio, che invece divideva la sua attenzione tra me e l’uomo.
Passarono alcuni minuti prima che il vecchio si alzasse e muovesse qualche passo in direzione dell’uomo. Questo parve infastidito, incerto tra la cortesia e la volontà di finire di assaporare uno dei primi soli primaverili e il fumo che si alzava pigro nell’aria.
“ Mi scusi ” disse il vecchio.
“ Sì… “ rispose l’uomo.
“ Vorrei che non mi giudicasse male… “
“ Mi dica pure. “
“ Vorrei che non giudicasse male quello che sto per fare. “
Il vecchio parve perdere il filo, e l’uomo, che fin a quel momento era rimasto seduto, quasi a volerlo aiutare, si sentì in dovere di alzarsi.
“ Lei è troppo giovane “ riprese il vecchio. “ Francesco… beh, noi lo chiamavamo Cesco in famiglia. Francesco quella notte doveva tornare in paese a procurarsi del cibo… ah sì, e delle coperte… aveva ripreso a fare un gran freddo in montagna quella primavera. “
Il vecchio s’interruppe, quasi si aspettasse un aiuto dall’uomo, una qualche domanda. Ma tutto quello che ottenne fu un semplice “sì…”
“ Sapeva che erano giorni che non riuscivo a vedere Maria… allora mica potevamo immaginare che l’avrei vista tutti i giorni per quasi cinquant’anni. “ Il vecchio accennò un sorriso. “ Mi disse di andare, ricordo bene, mi disse: “Dai muoviti… va!”. E io sono corso via, senza nemmeno salutarlo, forse un cenno… chissà…”
L’uomo stava per dire qualcosa, ma il vecchio riprese a parlare.
“ Ci sono ancora i buchi in quel muro. E’ un po’ di tempo che non vado, ma fino a qualche anno fa c’erano ancora i buchi. “
Vidi che aveva tirato fuori dal sacchetto qualcosa, ma dalla mia prospettiva ero coperto dall’uomo. Sembrava un telo bianco.
“ Francesco era il minore, più giovane di me di un paio d’anni. Era lui che sognava, che mi aveva convinto a fare qualcosa. Sognava la libertà, mi diceva che avremo costruito un paese migliore… “
Vidi il vecchio che veniva nella mia direzione, vidi che mi fissava e che l’uomo lo fissava a sua volta. Poi non fui in grado di vedere più nulla.
Superato lo stupore, sentii i passi del vecchio che si allontanavano in direzione dell’uomo.
“ Mi scusi… non mi sono neppure presentato. “
“Ma…” disse l’uomo.
“ Giovanni Alletti…” disse il vecchio. “E’ il 25 Aprile, e, almeno oggi, non voglio che Francesco possa vedere tutto questo. “
Sentii allontanarsi il vecchio e avvicinarsi l’uomo.
Mi chiesi se l’uomo avesse notato che “Alberto Alletti” era il primo dei ventiquattro nomi che, come tatuaggi sbiaditi dal sole, da sempre fanno contrasto al pallore della mia pelle di marmo.
questo breve racconto, insieme ad altri 250 testi, offre il suo modesto contributo all'iniziativa del sito "Le Mondine"