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Vendesi !


molti di noi avranno ancora negli occhi le immagini dell’attentato all’albergo “Marriot” di Islamabad. Il camion che va ad urtare la sbarra posta a protezione del resort, i vani tentativi di sfondarla, gli uomini di guardia che inizialmente si danno alla fuga e ritornano sui loro passi vedendo un semplice incendio nella cabina dell’automezzo. L’uomo che con l’estintore cerca di spegnerlo è l’ultimo fotogramma che ci rimane: poi l’esplosione, quasi pudica, ci sottrae l’orrore, la telecamera, l’uomo con l’estintore, i suoi compagni, il “Marriot” e una cinquantina di persone che si trovavano al suo interno.

Raffaella Fico, ennesimo scarto di produzione del “Grande Fratello”, mette all’asta l’equivalente femminile del proprio cognome al miglior offerente. Base d’asta: un milione di euro in contanti. Ma non è colpa dell’inflazione o della crisi dei mutui subprime: da quando si è scoperto che con un buon usato si può ambire al Consiglio dei Ministri, il prezzo mi pare congruo per una chilometri zero, ancora da immatricolare, I.P.T., una volta tanto, inclusa.

Mr. Amjad vive in Pakistan e anche lui vende qualcosa. Mr Amjad lavora dodici ore al giorno col furgoncino che vedete nella foto, e guadagna circa mille rupie al giorno (14 dollari), ma ne spende duecento in benzina e lo stesso per pagare le rate del furgoncino. Purtroppo per far curare la madre, come è normale da quelle parti, ha contratto un debito di circa 4.000 dollari, ed è disperato, stufo di essere insultato per strada dai suoi creditori. Ecco il motivo per cui il retro del suo furgoncino è coperto da un telo che evidenzia a caratteri cubitali l’offerta del rene (gruppo sanguigno A+, il più diffuso nel caso a qualcuno dovesse interessare).

L’attentato di Islamabad pare porti la firma di Al Queda, e lo possiamo anche liquidare velocemente come terrorismo internazionale intriso di fanatismo religioso. Ma la fretta – è noto - non è mai buona consigliera, e forse ci dovremo chiedere il motivo per cui il fanatismo religioso è in grado di attecchire a Islamabad, tignoso come il seme che s’inserisce tra i cotti del nostro giardino e rapido come la pianta di fagioli della nota favola.

Perché a Islamabad e non a Copenhagen.
Perché a Islamabad e non a Porto Cervo.

So di avere lettori molto preparati, e sono certo che in queste righe - sempre troppo poche - avranno trovato la risposta. So anche che aggiungerla sarebbe stato svillaneggiare la loro intelligenza. Se farà loro piacere, potranno lasciarla nei commenti a beneficio di qualche sperduto viandante del web.

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