Ci sono due fotografie-simbolo del secolo che ci siamo lasciati alle spalle. O sarebbe più giusto dire “gettati”, visto il contenuto delle stesse. Una è quella della piccola vietnamita che fugge nuda dopo il bombardamento del suo villaggio, l’altra è quella del bambino del Ghetto di Varsavia.
Le braccia alzate, la visiera dell’enorme cappello che non riesce a coprire il suo sguardo. Gli occhi che ci restituiscono stupore e rassegnazione, più che paura. Un cappotto che stride con le ginocchia nude, ma servirà a salvargli la vita. Le luci e le ombre del bianco e nero, sapientemente dosate tra desolazione e follia a trasformare uno scatto in icona.
Il Ghetto di Varsavia venne distrutto, tra il 19 aprile e il 16 maggio ' 43. Il venti aprile era il compleanno del Fuhrer e Himmler decise di fargli questo impegnativo regalo.
Il bambino si chiama Tsvi Nussbaum, e la foto è stata scattata mentre un tedesco urlava: "Alza le mani!", e un altro diceva: " E’ un bambino rimasto solo, tanto varrebbe fucilarlo subito". I Nussbaum, tornati da qualche anno dalla Palestina, vivevano nella campagna polacca. La madre di Tsvi parlava bene il tedesco e andava spesso al comando della Gestapo ad intercedere a favore della comunità. Ma un giorno si accalora troppo, e l’ufficiale che la sta ad ascoltare con aria annoiata, estrae la pistola da un cassetto della scrivania e le spara. Poche ore dopo viene ucciso anche il padre, forse dallo stesso uomo.
Una donna porta con se Tsvi e lo nasconde a Varsavia. Il bambino non rivedrà mai più i nonni e il fratello: dopo alcuni giorni, gli ebrei saranno caricati sui camion, pensando di venir rimpatriati in Palestina. Ma ad attenderli ci sono due treni, uno per Auschwitz, l’altro per Bergen Belsen. Tsvi, salvato da uno zio che si finge il padre, salirà sul secondo. Del lager non ricorda molto: gli è rimasta un’idiosincrasia per le bucce di patate e per i vestiti a righe. E’ terrorizzato dai cani, e, ancor oggi, ha l’abitudine di conservare un pezzo di pane per l’indomani.
Fu liberato da un sergente americano, arrivato mentre gli ufficiali tedeschi si strappavano le mostrine per sembrare semplici soldati e organizzavano il trasferimento dei prigionieri.
Il resto è una vita come quella di tanti: l’arrivo a New York, una laurea in medicina, il matrimonio e quattro figlie.
L’identità della foto è stata a lungo contestata, ma Tsvi dice sicuro: “Anche se non posso provarlo, e ormai non ha più importanza, il bambino sono io: io non ho dimenticato! ”
Le braccia alzate, la visiera dell’enorme cappello che non riesce a coprire il suo sguardo. Gli occhi che ci restituiscono stupore e rassegnazione, più che paura. Un cappotto che stride con le ginocchia nude, ma servirà a salvargli la vita. Le luci e le ombre del bianco e nero, sapientemente dosate tra desolazione e follia a trasformare uno scatto in icona.
Il Ghetto di Varsavia venne distrutto, tra il 19 aprile e il 16 maggio ' 43. Il venti aprile era il compleanno del Fuhrer e Himmler decise di fargli questo impegnativo regalo.
Il bambino si chiama Tsvi Nussbaum, e la foto è stata scattata mentre un tedesco urlava: "Alza le mani!", e un altro diceva: " E’ un bambino rimasto solo, tanto varrebbe fucilarlo subito". I Nussbaum, tornati da qualche anno dalla Palestina, vivevano nella campagna polacca. La madre di Tsvi parlava bene il tedesco e andava spesso al comando della Gestapo ad intercedere a favore della comunità. Ma un giorno si accalora troppo, e l’ufficiale che la sta ad ascoltare con aria annoiata, estrae la pistola da un cassetto della scrivania e le spara. Poche ore dopo viene ucciso anche il padre, forse dallo stesso uomo.
Una donna porta con se Tsvi e lo nasconde a Varsavia. Il bambino non rivedrà mai più i nonni e il fratello: dopo alcuni giorni, gli ebrei saranno caricati sui camion, pensando di venir rimpatriati in Palestina. Ma ad attenderli ci sono due treni, uno per Auschwitz, l’altro per Bergen Belsen. Tsvi, salvato da uno zio che si finge il padre, salirà sul secondo. Del lager non ricorda molto: gli è rimasta un’idiosincrasia per le bucce di patate e per i vestiti a righe. E’ terrorizzato dai cani, e, ancor oggi, ha l’abitudine di conservare un pezzo di pane per l’indomani.
Fu liberato da un sergente americano, arrivato mentre gli ufficiali tedeschi si strappavano le mostrine per sembrare semplici soldati e organizzavano il trasferimento dei prigionieri.
Il resto è una vita come quella di tanti: l’arrivo a New York, una laurea in medicina, il matrimonio e quattro figlie.
L’identità della foto è stata a lungo contestata, ma Tsvi dice sicuro: “Anche se non posso provarlo, e ormai non ha più importanza, il bambino sono io: io non ho dimenticato! ”
59 commenti:
Bellissima foto, ottimo post. Peccato che qualcuno voglia ricordare la tragedia nazista privando della scomunica qualche negazionista. Non mi stupisce comunque.
Bogger
Avrei preferito lui avesse dimenticato e noi no. Invece è successo il contrario.
Grazie di ricordarlo almeno tu
Primlug
storia commovente...
e come si fa a dimenticare una cosa simile?
L'altra sera durante la trasmissione di Moni Ovadia c'erano i sopravvissuti che parlavano ed io e mio marito ci siamo chiesti come hanno potuto sopravvivere, essere ancora vivi e raggiungere la vecchiaia come tante altre persone comuni che non avevano attraversato il loro inferno.
Per ricordare a noi, giorno dopo giorno, quello che è accaduto e che mai piu' dovrà accadere, ha risposto mio marito.
Ma è vero, mi chiedo? Io ho conosciuto una donna belga, ora 65enne, la quale sosteneva che non era vero niente e che nel suo paese non se ne era mai parlato. Era anche abbastanza colta, aveva un diploma superiore e una laurea in lingue. E chissà quante persone in Europa pensano così, questo mi avvilisce.
....
:-(
C.
Lo strazio viene pensando che un sopravvissuto a quell'orrore sia fortunato. Bisognerebbe chiedersi cosa rimane dentro a chi non può dimenticare. Credo che ogni bambino cresciuto con la paura di morire o di veder morire abbia due possibilità: diventare un adulto generoso, responsabile e amorevole, o diventare un carnefice. Se chi ordisce guerre pensasse così ai propri figli forse smetterebbe di ordire. Ma anche questa è retorica.
e nemmeno noi possiamo dimenticare.
La consapevolezza degli orrori di ieri dovrebbe farci riflettere anche su quelli di oggi, per evitare quelli di domani.
Primlug, mi hai tolto le parole di bocca (di tastiera, a dir meglio ;)).
L'orrore di questa vicenda è stato dimenticato da tutti. E gli stessi errori (ed orrori) vengono perpretati ancora, ed ancora, ed ancora.
Con amarezza.
E anche noi non dobbiamo dimenticare come non dovrebbero dimenticare gli ebrei d'Israele per evitare che oggi siano loro a ripetere la storia...
Bravo, Riccardo! Il tuo post brilla nel buio ed è voce urlante nel silenzio dei troppi che oggi, Giornata della Memoria, hanno preferito dimenticare.
mai nessuno più!
@ blogger: ti ringrazio.
La stupidità di un presunto uomo di chiesa che nega l'olocausto è pari a quella di coloro che lo hanno perpetrato!
@ primlug: talmente perfette le tue parole, che non posso aggiungere nulla!
@ pietro: ci sono immagini che sentiamo non ci lasceranno più... ed è giusto che sia così!
@ jeneregretterien: tuo marito ha ragione. Come dicevo ad un amico, credo che la Memoria sia come un secchio d'acqua di fronte ad un incendio: abbiamo il dovere di afferrarlo ma soprattutto quello di trasmetterlo a chi viene dopo di noi.
un abbraccio
@ comicomix: la forza dell'immagine è talmente dirompente che le parole non possono nulla, e i puntini di sospensione finiscono per diventare il commento più giusto.
un caro saluto C., sono certo che per i nuovi arrivati ;) riusciremo a costruire un futuro migliore
@ sama: un sopravvissuto non si libera mai dell'incubo. Levi diceva che gli capitava spesso di percepire come se tutto intorno a lui si disgregasse finendo col ritrovarsi di nuovo nel lager. E la sua tragica fine dimostra come le sue non fossero solo parole...
l'immediatezza di certe immagini è sconvolgente e vale più di cento parole
Difficile che le tue parole possano lasciare indifferenti. Penso sia un dono importante. Ciao!
conoscevo la fotografia, ma non così bene la storia del suo protagonista... anche questo significa non dimenticare ciò che furono quegli anni pieni di crudele follia
grazie, rick!
@ saamaya: non c'è altro motivo per voler cancellare una lavagna che non sia la volontà di riscriverci sopra :(
@ jacopo: perfetta! ...non posso aggiungere altro.
@ martina: e i testimoni oculari stanno scomparendo: tra poco si trasformerà in un processo storico indiziario :(
@ franca: e qualcuno avrebbe il dovere morale di farglielo ben presente!
@ bastian cuntrari: grazie, cara amica! Ricordare è difendere la verità dalle insidie del tempo.
@ anonimo: le frasi che paiono più semplici spesso sono le più efficaci.
@ zefirina: l'immagine parla al cuore, senza passare per il cervello.
@ flo: ti ringrazio di cuore :)
@ anecoico: grazie a te, Emanuele. Ci sono immagini che hanno la capacità di condensare migliaia di pagine di storia.
Complimenti Rick, gran bella storia (che conoscevo), commovente e intonata al giorno della memoria, il giorno della vergogna che mai più va negata e cancellata.
e ora che ci prova anche il Vaticano per interposta persona, più che mai!
grazie Ghearts
vergogna che si accumula su vergogna. il conservatorismo di JR è impressionante.
Un pezzo di pane per domani.
Mi sembra una straordinaria metafora della capacità umana di mantenere viva la fiamma della speranza, anche quando l'ambiente circostante è ostile.
La stessa speranza che ha poi permesso a quest'uomo di vivere una vita normale, e che, probabilmente, trasmetterà ai suoi figli.
l pezzo di pane lo ritrovi in tutte queste immani tragedie: in tutti i racconti della Shoah, come nelle pagine di Sozenicyn e Salamov. Ghiacciato, sporco, rubato o teso al vicino... appiglio di vita e di speranza, come hai così ben evidenziato!
Giusto per non dimenticare e perchè certe terribili vergogne non si ripetano
questo è il significato della Giornata, ma troppe volte ancora l'orrore ha concesso repliche, diverse nella misura, uguali nella sostanza :(
Ovviamente questo era il senso del mio commento. Le repliche a volte vengono da chi dovrebbe aver ancora segnato nella memoria e nel corpo tanto dolore. E' atroce e insensato.
Grazie riccarco Ross
ditelo a JR
la stupidità di un presunto uomo di chiesa che nega l'olocausto è pari a quella di coloro che lo hanno perpetrato!
purtroppo si ripetono,ma non hanno lo stesso impatto emotivo,e soprattutto i Grandi della terra le ignorano riproponendo solo quelle vecchie a chi non decide le guerre [www.effedieffe.com]
Fiammifero,è una costante ormai approvare il tuo pensiero...tuttavia questa volta vorrei condividere con te alcune perplessità su Blondet e il suo sito.Ho smesso di leggerlo da qualche tempo in quanto l'ho trovato un pò troppo schierato contro Israele e questo non mi piace.Credo che così come difendo il mio diritto a esprimere un'opinione contro la politica israeliana,senza correre il rischio di essere additata come antisemita-abitudine planetaria ormai diffusa e radicata...credo anche che un sito come effedieffe quando esagera lo riconosco e ne prendo le distanze.
Ho letto molto questo sito,spesso ne ho condiviso i contenuti,tuttavia quando mi sono accorta che sconfinavano nell'estremismo antisemita,l'ho abbandonato.
Come già detto in altre occasioni,considero importante per tutti,riflettere soprattutto sui risultati nefasti delle guerre e riuscire a non parteggiare per nessuno,un obiettivo da raggiungere,in quanto le ragioni del potere non saranno mai le stesse dei cittadini.
Non so,forse sono stata un pò prolissa,come al solito...scusa se sono intervenuta nella tua risposta.
La mia citazione di Blondet è stata "causale" perchè mi premeva più che altro segnalare la foto ed il titolo dell'articolo,che trovo corrispondente alla realtà dei fatti.(infatti ora per leggerlo bisogna iscriversi ed io non lo faccio perchè non condivido in toto le sue posizioni su certi aspetti). Comunque non confondiamo l'antisemitismo con l'essere critici sulle politiche dei governanti di Israele,altrimenti si rischia di fare il loro gioco. Essere antisemiti è essere razzisti verso il popolo ebraico,e sia Blondet che io non lo siamo,così come quando si dice antiamericanisti si critica la politica degli USA non il popolo americano. Non cadiamo in queste trappole che hanno lo scopo di tappare la bocca e creare consensi. ;-)
Si Fiammifero,infatti ho esordito confermandoti la reciproca linea di pensiero.In altre occasioni abbiamo avuto modo di scambiare punti di vista e ricordo una certa sintonia di vedute.Ingenuamente ho dato per scontato che te le ricordassi.
Il mio intervento,forse inopportuno,non voleva essere una critica alla tua segnalazione,anzi,confermo ulteriormente che l'ho apprezzata proprio perchè ho capito lo spirito con cui l'hai proposta.Così come confermo di aver letto effedieffe fino a quando l'ho ritenuto un veicolo informativo libero da pregiudizi.Poi ho cambiato idea.
Confermo il mio totale rifiuto nei confronti del governo israeliano per come ha gestito il dissidio con il popolo arabo.Rifiuto il pudore col quale i più si rifiutano di esporsi e urlarlo,se necessario,per paura di essere considerati e accusati di razzismo antisemita,perchè prendere le distanze da una politica guerrafondaia come quella israeliana nei confronti del popolo palestinese è un dovere di tutti,secondo me.Così come trovo altrettanto abominevole dimenticare il resto del pianeta quando fa comodo.
PS per carità,lungi da me cadere in quelle trappole di cui parli! se dovessi accorgertene,fammi un fischio...
Ho capito che tu avevi capito ma ho voluto di proposito ribadire certi concetti,e tu me ne hai dato occasione, ;-) visto che è da un po' di tempo che vengo sistematicamente arrossata su ogni argomento,forse perchè dico cose ovvie e fuori dal coro della retorica che qui impera . Alla prossima e buona giornata :D
non sono stato certo morbido con quello che è successo a Gaza, e l'articolo è interessante, ma contiene un errore. Le vittime di ieri non sono i carnefici di oggi, per il semplice motivo che una vittima, per sua natura, non può essere carnefice. Ci sono vittime di ieri e vittime di oggi, carnefici di ieri e carnefici di oggi. C'è però un fatto grave: i carnefici di oggi erano proprio quelli meno adatti diventar carnefici...
Guarda che vittima non vuol solo dire morto ma anche oggetto di bersaglio (di inganni, prepotenze, violenze, ecc) ed i superstiti dell'olocausto lo sono stati ed hanno eletto come loro rappresentati persone che non hanno conosciuto direttamente la persecuzione [it.wikipedia.org] Quindi sotto questa ottica trovo proprio azzeccato che le vittime di ieri,e loro discendenti,siano diventate carnefici,magari inconsapevolmente ed indirettamente,visto che ci sono molti dissidenti tra di loro.
Avrei preferito lui avesse dimenticato e noi no. Invece è successo il contrario. Grazie per ricordarlo almeno tu
talmente perfette le tue parole, che non posso aggiungere nulla!
..........IO NON HO DIMENTICATO..............!!
le cose che non si possono dimenticare sono le cose che non si devono dimenticare: la pietra d'angolo per un futuro migliore.
le cose si dimenticano,quando non si hanno né obiettivi né ideali ;-)
Anche io conoscevo la foto, dai libri di storia, ma non conoscevo la vicenda.Grazie Rick
ti lascio questo link di una intervista del 2002 che non ho inserito perchè avrebbe potuto innescare polemiche che mal si conciliano con questa giornata:
DAL NOSTRO INVIATO SPRING VALLEY (New York) - «Non so perché ci odiano. Ma, tranne l' Inghilterra, tutta l' Europa sta tornando antisemita». La voce è un soffio, le parole escono a fatica. Il viso è dolce, ma coperto da un velo di tensione che non cade quasi mai. E' un simbolo, Tsvi Nussbaum, sa di esserlo. Ancora qualche settimana fa, Enzo Biagi ha scritto di lui, ricordandolo come l' immagine stessa della persecuzione contro gli ebrei. Quell' immagine è datata Varsavia 1943, Tsvi aveva otto anni e venne fotografato - le piccole braccia alzate in segno di resa e un berretto troppo largo in testa - mentre i nazisti caricavano la gente davanti all' hotel Polsky per mandarla nei lager. Dopo la guerra, la foto ha fatto il giro del mondo, è entrata nei libri di scuola. E, sia pure fra controversie e querelle degli storici, Tsvi Nussbaum è diventato «il bambino del ghetto». Nell' Olocausto ha perso i genitori, i nonni, il fratello. Nel 1953 s' è trasferito negli Stati Uniti. Vive nella contea di Rockland, stato di New York, è un otorinolaringoiatra adesso in pensione. Ha una moglie americana, Beverly, quattro figli e due nipoti. Una vita serena che, tuttavia, non è bastata a scacciare i fantasmi del passato. Accetta di parlare col Corriere dei nuovi giorni di dolore e di paura per il suo popolo. L' appuntamento è nel Centro studi sull' Olocausto di Spring Valley, a un' ora di macchina da Manhattan. Attorno a noi, quella sua foto di quasi sessant' anni fa è replicata in cento e cento manifesti che il Centro ora usa come testimonianza. Quella foto ha pesato su Tsvi Nussbaum quasi quanto gli pesa, ancora, l' impossibilità di perdonare. Qual è oggi, secondo lei, la nuova immagine dell' antisemitismo? «Le nostre sinagoghe che bruciano in Europa. Le facce dei leader europei, che sono contro di noi». Con chi ce l' ha, dottor Nussbaum? «Soprattutto con Francia e Germania». Pensando alla Francia, pensa a Le Pen? «Le Pen è un fascista. Che uno come lui spunti fuori nel Ventunesimo secolo, è agghiacciante, mette paura. Credo che sia anche l' onda lunga dell' antisemitismo a spingerlo. Però non penso solo a lui, penso a tutti i politici che, quando l' esercito di Israele è entrato nei Territori per bloccare l' Intifada, si sono solo preoccupati di come bloccare Israele». Cosa dice dell' Italia? «Non so. Non ho visto nulla alla tv su voi italiani». Lei quale spiegazione darebbe all' ondata di aggressioni contro gli ebrei in Europa? «Forse l' invidia. Noi ebrei siamo meno dell' uno per cento della popolazione mondiale e abbiamo il 20 per cento dei premi Nobel». Solo questo? «No. Credo che il problema vero sia il petrolio arabo e la paura che molti Paesi occidentali hanno del potere degli arabi. La storia a volte è paradossale. Se, quando abbiamo lasciato l' Egitto, noi ebrei non avessimo girato a sinistra ma fossimo andati dritti, avremmo trovato il petrolio. E sarebbe stato tutto diverso» (ride a denti stretti). Si parla molto, in questi giorni, della lobby ebraica americana. Esiste o no? «Esiste, eccome». E pesa sulla politica di Bush? «Molto». In che termini? «In termini di rielezione. Se lui vuole essere rieletto, deve tenerne conto. La sua politica deve tenerne conto. Molti deputati e molti senatori sono ebrei. Bush deve lasciare che l' esercito israeliano ripulisca i Territori dai terroristi». Lei non crede che anche la strategia di Sharon abbia contribuito a riaccendere l' antisemitismo? «No. Nient' affatto. Io penso che Sharon abbia fatto la cosa giusta. (Sospira) Il Medio Oriente è un posto in cui si crede nell' occhio per occhio. E questa è la sola legge che i palestinesi capiscono». Anche lei crede nell' occhio per occhio? (Lunga pausa). «Sì. Anch' io. Io non ho mai perdonato i tedeschi per quello che ci hanno fatto. E adesso provo le stesse sensazioni. E' come allora. Non credo di dover porgere l' altra guancia. Noi abbiamo solo un piccolo Stato, Israele. Gli arabi ne hanno ventidue. Non succederà mai, lo so, ma secondo me la soluzione migliore sarebbe che la Giordania diventasse lo Stato dei palestinesi». Cioè lei vorrebbe cacciare tutti i palestinesi da Israele per trasferirli altrove? «Sarebbe l' ideale». Ma i palestinesi hanno terre, case in Israele. «E cosa ne fu delle nostre case in Polonia?». Come è possibile che proprio lei, che ha sofferto tanto, auguri tanta sofferenza a un altro popolo? «Guardi, io non credo nella pace in questa terra». Non crede a una nuova conferenza di pace? «Non credo che Arafat voglia la pace. Arafat è un terrorista che vuole prendersi tutto il territorio di Israele, altrimenti non avrebbe buttato nel cestino i negoziati con Barak, che gli offriva moltissimo. Ai palestinesi dai un dito e loro vogliono tutta la mano. Ma noi, se perdiamo Israele, non abbiamo un altro posto dove andare. Quindi Israele deve uscire vittorioso per forza. E se tornassero in Israele i palestinesi che ora sono fuori, diventerebbero la maggioranza e noi saremmo finiti». Ebrei e palestinesi non potranno mai convivere? «Mi spieghi lei come si può convivere con gente che insegna ai bambini l' odio per gli ebrei e che sulla carta geografica non ha Israele ma soltanto la Palestina». Lei sa però che la realtà è diversa. Che dalla guerra perpetua bisognerà pur uscire, un giorno. «Io non so come se ne possa uscire. Ma so bene che i palestinesi non verranno mandati via». E allora? «Allora dovremo cercare un compromesso alla fine, lo so. Arafat dovrà capire che non può impadronirsi di Israele, Sharon che alcune colonie vanno rimosse. La separazione è il massimo a cui possiamo aspirare. L' odio è così profondo che non c' è modo di diventare fratelli o cugini. Anch' io ho rischiato di morire qualche tempo fa». Dove? «A Netanya, a nord di Tel Aviv. Ho una casa, lì, ci passo qualche giorno, tre volte l' anno. Stavo andando in centro a mangiare una pizza quando c' è stato l' attentato. Cinque minuti prima e ci sarei finito in mezzo anch' io. Le pare possibile che io sia sfuggito ai nazisti per essere ammazzato dall' Olp? Le strade israeliane sono deserte, la gente vive nel terrore e voi europei non capite». Una ragazza ebrea di New York, Laura Blumenfeld, ha ritrovato dodici anni dopo a Ramallah il palestinese che aveva sparato a suo padre e s' è riconciliata con lui. Ha scritto un libro bellissimo, sulla vendetta e sulla speranza. «Ci vuole una forza speciale per perdonare come ha fatto Laura Blumenfeld. Io non ne sarei capace». (Gli occhi di Tsvi Nussbaum sono lucidi, adesso). Anche i palestinesi hanno qualcosa da perdonare agli israeliani. Lei cosa crede che sia successo, per esempio, nel campo profughi di Jenin? «Non lo so. Quello che si vede in tv è molto brutto, certo. Ma non credo alle cifre di cui hanno parlato i palestinesi». Però è l' inviato dell' Onu che ha parlato di «orrore». «Non credo che i soldati israeliani ammazzino civili inermi». Laura Blumenfeld sostiene che sentirsi vittime comporta la tendenza a creare altre vittime e parla dello schema preda-predatore: a chi è stato preda, e non vuole esserlo mai più, l' unica via può apparire quella del predatore. «Capisco bene quello che intende, sì». Con tutto il rispetto, dottor Nussbaum, lei non crede che, tra due o tre generazioni, ci possano essere più ragazzi come Laura, decisi a uscire da questa trappola? «Io penso che non c' è niente da fare con chi è disposto a sacrificare la propria vita pur di ucciderci. E non credo che tra due generazioni sarà diverso. Ma lo spero, sì. Lo spero per chi verrà». Goffredo Buccini
Buccini Goffredo
Pagina 13 (5 maggio 2002) - Corriere della Sera
Ma avete visto la stessa foto nella "vignetta di Diderot" (Giornalismo)?
trovo che il nostro premier sia un postalmarket di figure... penose, ma la barzelletta sui lager (che credo abbia ispirato l'autore) rappresenta il "miglior" prodotto del suo catalogo.
Ne approfitto:
SILVIO BERLUSCONI (per una volta la chiamo con il suo nome) SI VERGOGNI!!!
Tsvi Nussbaum continua a citare quello che vede alla televisione. Lui e' medico ed educato, ma si limita all'informazione manipolata della televisione, e come lui la maggior parte della gente e' troppo pigra per approfondire la conoscenza dei fatti. Siamo proprio messi male, perche' in questa situazione la pace non sara' mai possibile.
.
un
grande Abbraccio,
caro Riccardo
da chi, in
questo momento,
rivede sull' avambraccio di sua madre le inquietanti forme scure,
cosi' come le ha scoperte
per la prima volta, da
bambino, quando
non riusciva capire
che cosa fossero:
A - 13230
G r a z i e,
Riccardo
-_-)
.
@ ivan: grazie a te, Ivan, per questa testimonianza preziosa e affilata come una lama. Qualcuno fa di tutto per svalutarlo a semplice fatto storico, ma dobbiamo comprendere che l'Olocausto ha tatuato pelle e coscienze in modo indelebile, ed è ancora in grado di arrivare direttamente fino a noi, come avviene attraverso il tuo commento.
scusami per il ritardo nella risposta, e un buon fine settimana
Posta un commento