Ieri al Sermig eravamo in molti desiderosi d'incontrare Ingrid Betancourt. E per sentirla parlare, vederla finalmente sorridere e provare l’emozione d’incrociare quel suo sguardo così forte e diretto, ci siamo sobbarcati qualche inevitabile disagio.
Abbiamo dovuto far buon orecchio alla cattiva sorte, e sorbirci i tanti che la circondavano sul palco, e che, escluso il padrone di casa, Ernesto Olivero, non avevano nulla da dire, ma lo hanno fatto con sfoggio di tanta impeccabile quanto insignificante eloquenza. Abbiamo dovuto apprendere dal vice di Bondi che era ansioso di correre a casa dalla consorte per raccontale le mirabilie udite con i suoi occhi, senza poterci togliere la curiosità se, come il suo superiore, era uso scrivere rime poetiche per magnificare, oltre alla sua, anche la Signora Veronica Lario in Berlusconi. Abbiamo dovuto aspettare che nelle prime tre file si accomodasse la “Torino che Conta”, e che con la storia della Betancourt c’entrava come un trapano Black&Decker in una natura morta fiamminga.
Io non conto, e ho atteso pazientemente in quarta fila.
Finalmente è venuto il turno di Ingid che, alternando meravigliose parole in spagnolo e francese, spesso interrotta da applausi spontanei, tra considerazioni filosofiche sul valore della sofferenza, sul significato cristiano del cambiamento e sulle parabole che meglio lo rappresentano, ha raggiunto la fine del discorso senza che una sola volta il termine Colombia facesse capolino, tanto per riportare il significato della vita sulla terra in generale, e in particolare su quella per cui si è battuta politicamente fino a rischiare la vita. In definitiva chi avesse voluto apprendere qualcosa della situazione della Colombia, presente e passata, poteva avere miglior sorte all’interno di un’agenzia di viaggi.
La possibilità di interloquire non era prevista. Forse nel timore che qualcuno potesse sottrarre parte del pubblico dall’empireo in cui commosso si lasciava cullare: cosa non bella, ammettiamolo, ma certamente utile. Quindi la domanda che avrei voluto porre a Ingrid Betancourt, la porrò pubblicamente ora:
“Negli ultimi cinquant’anni delle enormi e vergognose ingiustizie sono state humus ideale per la violenza. Numerosi gruppi hanno scelto la lotta armata come sistema di lotta, a volte travolti da una follia che faceva sembrare la scia di sangue che si lasciavano dietro più il fine che non il mezzo. Molti hanno operato in Sudamerica e in America Centrale, diversi in altri continenti e alcuni nel cuore dell’Europa. Se in Colombia nascevano le FARC, noi imparavamo a conoscere le Brigate Rosse, la banda Bader Meinhoff, l’Esercito Repubblicano Irlandese, l’ETA. Ora, lei non crede che lottare contro la violenza lasciando che permangano inalterate le cause che l’hanno generata, sia inutile come estirpare una mala erba lasciando le radici nel terreno? E soprattutto non crede che l’immensa forza mediatica che la sua vicenda ha catalizzato, vista la superficialità dei nostri mezzi d’informazione, rischi, ora che si è felicemente conclusa, di cancellare qualsiasi traccia di quelle ingiustizie e negare visibilità ai molti che ancora si trovano ad affrontare il dramma che è stato il suo per sei lunghissimi anni?"
Abbiamo dovuto far buon orecchio alla cattiva sorte, e sorbirci i tanti che la circondavano sul palco, e che, escluso il padrone di casa, Ernesto Olivero, non avevano nulla da dire, ma lo hanno fatto con sfoggio di tanta impeccabile quanto insignificante eloquenza. Abbiamo dovuto apprendere dal vice di Bondi che era ansioso di correre a casa dalla consorte per raccontale le mirabilie udite con i suoi occhi, senza poterci togliere la curiosità se, come il suo superiore, era uso scrivere rime poetiche per magnificare, oltre alla sua, anche la Signora Veronica Lario in Berlusconi. Abbiamo dovuto aspettare che nelle prime tre file si accomodasse la “Torino che Conta”, e che con la storia della Betancourt c’entrava come un trapano Black&Decker in una natura morta fiamminga.
Io non conto, e ho atteso pazientemente in quarta fila.
Finalmente è venuto il turno di Ingid che, alternando meravigliose parole in spagnolo e francese, spesso interrotta da applausi spontanei, tra considerazioni filosofiche sul valore della sofferenza, sul significato cristiano del cambiamento e sulle parabole che meglio lo rappresentano, ha raggiunto la fine del discorso senza che una sola volta il termine Colombia facesse capolino, tanto per riportare il significato della vita sulla terra in generale, e in particolare su quella per cui si è battuta politicamente fino a rischiare la vita. In definitiva chi avesse voluto apprendere qualcosa della situazione della Colombia, presente e passata, poteva avere miglior sorte all’interno di un’agenzia di viaggi.
La possibilità di interloquire non era prevista. Forse nel timore che qualcuno potesse sottrarre parte del pubblico dall’empireo in cui commosso si lasciava cullare: cosa non bella, ammettiamolo, ma certamente utile. Quindi la domanda che avrei voluto porre a Ingrid Betancourt, la porrò pubblicamente ora:
“Negli ultimi cinquant’anni delle enormi e vergognose ingiustizie sono state humus ideale per la violenza. Numerosi gruppi hanno scelto la lotta armata come sistema di lotta, a volte travolti da una follia che faceva sembrare la scia di sangue che si lasciavano dietro più il fine che non il mezzo. Molti hanno operato in Sudamerica e in America Centrale, diversi in altri continenti e alcuni nel cuore dell’Europa. Se in Colombia nascevano le FARC, noi imparavamo a conoscere le Brigate Rosse, la banda Bader Meinhoff, l’Esercito Repubblicano Irlandese, l’ETA. Ora, lei non crede che lottare contro la violenza lasciando che permangano inalterate le cause che l’hanno generata, sia inutile come estirpare una mala erba lasciando le radici nel terreno? E soprattutto non crede che l’immensa forza mediatica che la sua vicenda ha catalizzato, vista la superficialità dei nostri mezzi d’informazione, rischi, ora che si è felicemente conclusa, di cancellare qualsiasi traccia di quelle ingiustizie e negare visibilità ai molti che ancora si trovano ad affrontare il dramma che è stato il suo per sei lunghissimi anni?"
54 commenti:
Una domanda così se non era nell'aria era nel cuore. È giusto che la Ingrid abbia parlato del più e del meno. Tu avresti parlato del troppo.
da quando prevista la parola a chi non conta alle convention della gente bene? Dico, ma sei impazzito? MIca è un paese democratico, questo!
Ma dove credi di vivere!!!
Mah, ti devo proprio insegnare tutto, allora, ma, davvero, voglio dire:
volevi davvero fare una domanda interessante? Volevi approfondire? E' vietato, non lo sapevi?
Forse non ha parlato della Colombia, perché troppo emozionata per la ritrovata libertà :-) (amaro sorriso), ciao*
A parte la tristezza dell'evento (mamma quanta!!!), da blogger a blogger, faccio i complimenti per articoli dal contenuto corposo e sensato.
E comunque, si arriva sempre allo stesso punto...tanto l'Uomo non imparerà mai.
mi dispiace dissentire dal coro, anche se in parte questo articolo ha fondamente giuste, mi sembra scritto con una demagogia e una superficialita' palese, infatti quando ci si fanno delle domande non si conoscono le risposte, mentre le domande di quest'intervento suggeriscono le risposte, questo e' scorretto e tendenzioso. Facciamo un esempio di cio' che accade in un dibattito nel processo penale, se un avvocato pone ad un teste domande tendenzione, che possanano indurre a risposte reattive, il giudice annulla queste domande e chiede la riformulazione corretta, questo accade in tutto il mondo.
In ultima analisi anche se di fondo si possono condividere i principi che sottendono a questo intervento e del tutto deprecabile illustrarlo con questo spirito e forma dialettica. In questa epoca in cui si e' diffuso uno spirito libero e un libero pensiero si deve tendere alla massima onesta' e sincerita' nel confronto e nel dibattito, manipolando con la dialettica le intelligenze delle persone ci si pone dalla parte sbagliata del confronto, ci si deve porre sullo stesso piano e non ergersi in cattedra da professori saccenti, specialmente quando non si parte da un autocritica ma bensi' da una critica nei confronti di persone che hanno sofferto profonde ingistizie sulla propria pelle, vorrei conoscere proprio la vita privata di colui che esprime queste saccenti conclusioni e sentenze per paragonarla alla Signora Betancourt, probabilmente il confronto sarebbe davvero inparagonabile come l'oro con lo stagno,(e' bene che ogniuno di noi stia al suo posto e ci pensi mille volte prima di parlare)
chiudo e saluto tutti i frequentatori del forum
una che esce dopo anni di prigionia e tra le prime cose di cui parla è quanto odia materazzi non sembra essere una cima
una che, dopo degli anni di prigionia, tra le prime cose che dice è quanto odia materazzi, non mi sembra una cima!
E voi che gli date pure culo. Calabria libera!!!!!!! e per inciso W Materazzi
@ riverinflood: caro amico, colpito e affondato :) Credo che una domanda simile fosse nel cuore di tutti quelli che conoscono un minimo quello che da anni succede in Colombia...
@ riccardo: tutto vero, ma inizio a pensare seriamente alla congiura: l'altra sera volevo fare una domanda cattivella a Di Pietro e non mi hanno dato il microfono... è stato un grosso errore inserire la foto nel blog: conosci mica un chirurgo plastico che accetti la social card? ;)
un saluto in incognito :)
Fossi in te, per non rischiare, mi darei malato per un mese al lavoro, comprerei una maschera di carnevale con il faccione di Berlusconi ed andrei in giro a raccontare barzellette ciniche. Questo dovrebbe bastare per renderti apprezzato ed irriconoscibile.
l'idea è buona, è il camminare sulle ginocchia che m'inquieta ;)
hahahaha che forza
e che nessuno s'azzardi a seminare ceci :)
@ virtualblog: ci sono molti colombiani che non sono in grado di parlare della Colmbia e non sono emozionati... sono morti:
Altra cosa di cui i ragazzi non possono fare a meno è la COCACOLA. Dal 1989 ad oggi il sindacato colombiano Sinaltrainal ha subito decine di sequestri, torture, minacce di morte, sfollamenti forzati, montature giudiziarie. Tra tutti i sindacalisti assassinati nel mondo, l’80% viene assassinato in Colombia. Tra il 1991 ed il 2003 in Colombia ne sono stati assassinati dai paramilitari 2000. La CocaCola Company è accusata di essere responsabile di questa campagna repressiva attuata per mezzo degli “ squadroni della morte “ dei paramilitari colombiani. In Colombia, nelle imprese imbottigliatrici della Cocacola, un lavoratore dipendente sindacalizzato al quale viene applicato il contratto nazionale, guadagna circa 360 dollari al mese. Un lavoratore precario, non sindacalizzabile, viene pagato 80 dollari al mese per 12 ore di lavoro al giorno. Parte di questi soldi vengono dati ai responsabili dei paramilitari come tassa per l’assunzione. Negli ultimi due anni la Coca-Cola ha chiuso in Colombia 11 impianti su 16 e oggi il 94% dei lavoratori sono terziarizzati, precari e non sindacalizzabili.
ciao Virtual :) e un sorriso ancora più amaro :(
@ blacky: grazie Blacky, ricambio i complimenti per il blog: ho letto con grande interesse l'articolo sul negazionismo e l'ho aggiunto al mio blogroll.
@ anonimo: mi dispiace dissentire, ma dal punto di vista dialettico tu fai diverse affermazioni, eppure stimoli le mie risposte.
Certo non ti sarà sfuggito l'ossimoro del titolo a sottolineare il mio profondo rispetto per la vicenda umana di Ingrid (su cui ho scritto molto, compreso un articolo il giorno della sua liberazione che paventava le conclusioni di oggi) contrapposta a una profonda delusione politica.
I motivi? ...se risali di due commenti, puoi vedere che conosco abbastanza la storia della Colombia che è storia di soprusi e sangue non solo da una parte. Ecco perchè nuoto contro corrente, e non è il piacere di rendermi originale e cantare fuori dal coro.
Sei tu ad anticipare giudizi su di me senza conoscermi, e conoscendo poco, evidentemente anche questo blog.
@ anonimo: quella di Materzzi mi è sfuggita, vedrò di rimediare :)
Bravo Richard. Come diceva un mio conoscente universitario, dopo un esame dall'esito così così: "caro amico, io e te siamo troppo intelligenti, ma non abbastanza." Ma che vuoi che ne sappiamo noi, in Italia, della Colombia, dei suoi problemi, delle FARC. E' già tanto che qualcuno abbia qualche vaga idea sulla sua ubicazione geografica (a patto che ci sia stato, grazie a qualche occasione low cost, a scuola non la insegnano più da anni, la geografia). Ripensa ai commenti ricevuti sui tuoi scandalizzati post su Gaza e Palestina. E medita sulla caducità dell'umano divenire, su chi scrive la storia, su chi la legge, e come la legge. Con affetto, da Joseph.
Non commentare nulla sulla situazione politica attuale e soprattutto del passato in Colombia,come dell'America latina del resto,equivale ad una passerella come hai descritto bene tu,Riccardo,proprio dalla sua terribile sofferenza subita,avrebbero dovuto ancor più maturare le riflessioni e le spiegazioni di tanto odio.
Puoi consolarti d'aver presenziato al nulla di fatto,che non fa onore al personaggio,peccato per l'affaticante attesa,come titolava il film,molto rumore per nulla.
Saluti,&& S.I. &&
La "Torino bene". Volevi dire quelli che votano PDL e si tappano le orecchie quando critichi Berlusconi?
Come tu sai io ho speso in Colombia tre mesi della mia vita e quello che ho visto con i miei occhi non lo dimentichero' mai. Questo paese e' da evitare a tutti i costi. 500 anni di oppressione coloniale sono sfociati in una vera carneficina e odio di classe senza limiti.
Povera Colombia!
Buona settimana.
Quando lo dicevo io...
Rick se mi dai maggiori dettagli dell'incontro ti posto l'articolo. Data e luogo che forse nella fretta non ho letto?
Ciao.
Grazie Riccardo...anche tu sei dei nostri..-)!
Splendida domanda, che probabilmente i VIP impellicciati non avrebbero compreso. Non ti hanno fatto parlare da Di Pietro? È ovvio che che ci controllano, mio caro amico ;) Per fortuna l'intelligenza no, quella non la si può frenare.
Uno buona giornata.
sarà mica colpa nostra che carichiamo certi personaggi di gravose aspettative????
o forse siamo semplicemente dei grandi sognatori
(parlo per me)e ci tocca invece tornare alla triste realtà.
Ora se anche Aung Sang Suu Kyi si mette d'accordo con il regime birmano, non crederò più a niente
In pratica è stata una sorta di parata...
Le dichiarazioni d'amore all'azione militare che le aveva ridato libertà erano già state illuminanti.
Pur riconoscendo le ferite della prigionia riservo la mia ammirazione per chi sa essere riconoscente senza dimenticare la propria identità.
@ joseph: caro Joseph, hai ragione da vendere. E pensa che se è difficile parlare di certe cose sul web, figurati al bar sotto casa. Poi in realtà c'è anche chi fa ottima informazione, ma proprio per questo è tenuto rigorosamente fuori dalle porte che contano: mi viene in mente l'ottimo Gennaro Carotenuto, con la sua grande conoscenza dell'America Latina e i suoi articoli che mi trovano sempre in sintonia.
con altrettanto affetto
@ ivo and friends: ottimo riferimento letterario: molto rumore per molto poco ;)
@ joe: so che sei molto legato alla Colombia, e ho pensato a te scrivendo l'articolo. Questa volta ricambio, e un link te lo lascio io:
http://www.gennarocarotenuto.it/2587-la-sesta-vita-di-ingrid-betancourt/
@ annalisa: l'incontro è avvenuto sabato sera a Torino. All'Arsenale della Pace che fa parte del Sermig. La Betancourt aveva appena ritirato il premio Grinzane Cavour a Palazzo Reale.
Nel link che ti lascio troverai tutti i riferimenti e il video con l'intervento integrale (verso il fondo pagina).
Ti ringrazio molto, e ti prego di scusarmi per la lentezza della risposta :)
http://www.giovanipace.org/index.php?option=com_content&task=view&id=2116&Itemid=26
@ sama: grazie a te! :)
@ martina: grazie Martina! Non avrebbero compreso, ma quel brusio di sottofondo accompagnato da lievi alzate di sopracciglia (molto torinese e assolutamente perfido) mi avrebbero gratificato. Del resto non era previsto il rinfresco, e due delusioni a breve distanza non erano in grado di sopportarle ;)
un abbraccio e una buona serata a te :)
@ franca: esatto! ...una "bella" parata seguita da un brutto autogol ;)
@ sama: osservazione perfetta! Ricordo un mio vecchio articolo, subito dopo la liberazione, dal titolo "Il vero volto di Babbo Natale" (quello di Uribe), che paventava quel che si è poi puntualmente verificato. E l'altra sera si è sublimato :(
sono del parere che fosse lei a sentirsi come un trapano Black&Decker in una natura morta fiamminga ;-)
ottima osservazione ;)
Io rispetto ed ammiro questa donna, ma soprattutto per quello che ha fatto prima e durante il rapimento. Il dopo mi lascia molto perplesso, anche se credo che ci siano stati accordi precisi al momento della sua liberazione. Ci sono ancora circa 700 ostaggi nelle mani delle FARC, e questo è il primo messaggio che Ingrid avrebbe il dovere di trasmettere. Il secondo sono i duemila sindacalisti assassinati, come ho riportato sopra.
una buona settimana, caro amico :)
altrettanto a te ;-)
Forse la gloria stordisce davvero e fa perdere il contatto con la realtà
in realtà ho inserito questo post anche per sentire le opinioni degli amici. Perchè, pur avendo ben presente gli equilibri politici che sono in gioco in Colombia, e sapendo che un'esperienza di quella durezza può modificare radicalmente una persona, fatico lo stesso a comprendere. Tutto intenso, toccante, ma evanescente come l'intervista da Fazio, per chi l'avesse vista...
Già evanescente è il termine giusto, pensavo di trovare una donna forte e determinata, invece, è un cardellino tenuto in gabbia per troppo tempo. Comprendo ma non condivido
Ciao Ross
sono andato a cercare proprio ora l'opinione di Gennaro Carotenuto, vista la sua autorevolezza e la sua conoscenza dei problemi dell'America Latina, e sono rimasto stupito:
"Il quarto pensiero è per le FARC. E’ difficile non pensarle indebolite politicamente e militarmente. E’ difficile pensare alle FARC come chi tiene alta la bandiera di milioni di esclusi colombiani. E’ difficile non pensare che le FARC da anni sono oramai la scusa per i paramilitari per appropriarsi delle terre e consegnarle alle multinazionali. Ma allo stesso tempo è difficile pensare alla liquidazione delle FARC come un processo indolore e possibile, in una Colombia dove l’ingiustizia è causa della guerriglia e non viceversa. " E ancor più sorprendente il suo ammonimento sul pericolo del fenomeno mediatico Betancourt.
a volte è bello scoprire di non essere soli :)
una buona settimana Ross
E' indispensabile in questi tempi. Ci sentiamo soli e qualche volta anche fuori di testa, ma davvero i fuori di testa non siamo noi.... ;-)
Buona settimana anche a te Riccardo
Grazia alla potenza mediatica, Ingrid Betancourt potrebbe anche ringraziare le FARC per averle dato una celebrità che non avrebbe mai avuto altrimenti. Questo con tutte le opportunità conseguenti di beneficiare dei progetti numerosi di pubblicazioni di libri e di articoli sulle riviste, ecc. Sotto tali circostanze, non ci sarebbe molto tempo disponibile per preoccuparsi per gli altri ostaggi meno prestigiosi. Ma tal è il mondo nel quale viviamo ora, e tal è anche la prova che rivela infine la grandezza o la mediocrità.
Per quanto sia l'idea di legittimare movimenti che usano il crimine della violenza e del rapimento, ecc. per farsi intendere, il mondo democratico non può mai condonare tali movimenti criminali senza abbandonare i principi della democrazia. Se il governo colombiano è corrotto, spetta al popolo cambiarlo. Non credo che le FARC ripresentino il popolo colombiano.
(Certo Betancourt era grande in cattività. Da quando forse occorre darle più tempo per meglio determinarlo. Anzi si può trattare già come grande Chesley Sullenberger, ad esempio- pilot del fiume di Hudson).
nessuna simpatia per le FARC, come ho scritto in diversi articoli, ma ancor meno per gli squadroni della morte, e per chi li arma, dall'interno e dall'esterno. Ma le radici della violenza le puoi trovare in duemila sindacalisti morti: e questa è storia non legittimazione.
un saluto e una buona settimana
Le radice della violenza si trova attraverso tutta la storia verso dello stabilimento e la difesa della democrazia. Occorre crederci perché non abbiamo ancora sviluppato un sistemo migliore.
buona settimana anche a te.
Mi spieghi la tua domanda??
era retorica. Una provocazione per sottolineare che da una donna come lei ci si aspetta un discorso politico. Ci si aspetta di sentir parlare delle migliaia di sindacalisti uccisi per favorire le multinazionali, dei contadini sfrattati per gli stessi motivi dagli squadroni della morte, dei brogli di Uribe condannati dalla giustizia del suo stesso paese. Sentirci raccontare dell'inferno in terra e non del Paradiso in cielo...
resto a disposizione... un caro saluto :)
...1°-2°-3°-file riservate a quelli della Torino che conta, con i loro interessi allo sfruttamento dei popoli, a volte la diplomazia e solo un velo rosso porpora, che confonde il rosso sangue dello spettacolo quotidiano.
bella similitudine... e da quelle parti servono parecchi lenzuoli :(
The show nust go on. E' diventata una diva e non si può uscire dal copione. Rassegnamoci
dovrebbe rappresentare la rassegnazione di un popolo e la sua ribellione, ma hai ragione, mi aspettavo quel che è successo.
un saluto quasi rassegnato :)
Grazie Riccardo per avermi segnalato l'articolo di Gennaro Carotenuto.
Non conoscevo l'autore, ma scrive con molta conoscenza dei fatti.
Chissa' se con l'avvento di Obama si potranno mettere i freni al fanatico Uribe e ai suoi collaboratori?
Io ho conosciuto personalmente un latifondista in Colombia che si vantava di aver imposto ai suoi dipendenti di tagliare tutta la piantagione di alberi di caffe' perche' avevano avuto la spudoratezza di chiedere un piccolo aumento al loro ridicolo salario. Dopo la distruzione della piantagione li licenzio' tutti.
I paramilitari sono l'espressione diretta della crudelta' di chi controlla l'economia e la finanza del paese.
@ joe: Gennaro Carotenuto è tra le migliori firme del giornalismo italiano, che insegna in diverse università, e un grande esperto di America Latina.
Purtroppo quelle realtà le conoscono davvero in pochi :(
Posta un commento