(il postino delle sei) - boiardi di stato, avanzi e cani rabbiosi


“… è una Repubblica democratica fondata sul Lavoro” recita la Costituzione, cioè non solo afferma che il lavoro è un diritto del cittadino, ma deve essere la pietra d’angolo su cui costruire la Repubblica, e, di conseguenza, la vita di tutti noi. Ora, si è soliti dire che la Costituzione è la legge fondamentale cui tutte le altre devono uniformarsi: quindi i casi sono due, o nessuno s’è degnato di rendere edotti (come amano dire lorsignori) il legislatori che per sessant’anni si sono succeduti a complicare le cose a noi e a facilitarle a loro, o io ho letto la Costituzione del Burqiuna-Faso, che, come ben sa chi frequenta questo blog, significa “ terra delle persone oneste ”.

La questione del lavoro oggi sarà stata approfondita da molti, e io la faccio breve, focalizzando i risvolti personali di un problema quanto mai collettivo.
Vedo persone che hanno la mia età cercare disperatamente d’ormeggiare la propria carriera al molo della pensione, e le vedo alle prese con un mare in burrasca. Vedo persone che dovrebbero iniziare la loro attività lavorativa alle prese con risibili sigle, nate per mascherare la servitù della gleba che, dopo Gogol, non gode di buona stampa. Vedo tutto questo erodere la serenità delle famiglie, o impedire a chi voglia costruirsene una di farlo con un minimo di dignità. Vedo la frustrazione di chi ha ottenuto risultati notevolmente inferiori alle proprie aspettative e capacità, e di quelli cui non viene data la possibilità di misurarle.

Ho visto persone morire per il lavoro che non c’era o per quello che veniva a mancare. Ho visto, e vedo ogni giorno, persone morire di lavoro e lacrime di coccodrillo. Ho visto colleghi licenziarsi perché non più in grado di reggere la tensione che gli veniva dal timore di essere licenziati.
Quello che ho visto, e che vedo, non mi piace affatto.
Qualcuno dirà che è utopistico sancire il lavoro come diritto, e qualcuno sorriderà con sufficienza: “Il lavoro c’è o non c’è”. A questi io dico soltanto: “Sicuri che se questo paese non fosse stato saccheggiato per sessant’anni per mantenere le armate mercenarie dei boiardi di stato, potremo dividerci in pace il lavoro, invece di gettarci a contenderci gli avanzi di quel che resta come cani rabbiosi…”

Sicuri?

23 commenti:

Lisa72 ha detto...

Sicuri... sì sicuri che ci sarebbero mille modi di distribuire lavoro, risorse e dignità... ma è la volontà che temo manchi!
Un caro forte abbraccio, Lisa

riccardo gavioso ha detto...

@ lisa72: facile convincere tutti che le cose siano impossibili da fare, è sempre stata una delle priorità del potente. Bisogna imparare a vedere di nuovo il Re nudo... visto il Re, meglio un foglia di fico? ...come darti torto!

un caro abbraccio a tutti voi e buona festa

Joe ha detto...

Molto belle le tue osservazioni e, come sempre, molto ben scritte. Il rapporto tra datori di lavoro e lavoratori in Italia e' espresso con tanta crudelta' nella parola "padrone" che penso venga solamente usata nella lingua italiana. In inglese l'equivalente e' boss che pero' significa una persona che e'il tuo capo e non ti possiede assolutamente. Se accettiamo di chiamare padrone il datore di lavoro, accettiamo pure il fatto di essere schiavi.

Audrey ha detto...

Dici che siamo già alla servitù della gleba ed alle "anime morte"?
Temo tu abbia ragione, caro Rick.
Un abbraccio Audrey

Anonimo ha detto...

Ed io propongo di eliminare il 1° maggio!!!!

Anonimo ha detto...

Sono riflessioni che accomunano moltissime persone,dalla repubblica fondata sul lavoro alla precarietà fondata su se stessa,figlia come hai citato in primo luogo dall'erosione della ricchezza industriale figlia del boom economico,la politica e l'imprenditoria scadente degli ultimi anni hanno determinato questa situazione,sono state determimanti anche gli aspetti negativi delle nuove economie "straccione",poichè la sbandierata globalizzazione ha determinato pochi ricchi e non ha risolto la miseria di 3/4 di questo pianeta,la nostra generazione si sta attaccando disperatamente alle residue speranze di conservazione del posto di lavoro, ma se dovesse passare l'abrogazione dell'articolo 18,tentativo fallito 7 anni fa,si aprirebbe una precarizzazione integrale.

Ho postato sul mio spazio la testimonianza disperata d'una coppia di coniugi,con la lettera aperta al Presidente della Repubblica,inserisco la stringa, potrà suscitare diverse reazioni ma la realtà delle giovani coppie può esser interpretata anche in queste condizioni.

http://freedomlibertadiparola.myblog.it/archive/2008/04/30/lettera-al-presidente-della-repubblica.html


Ciao Riccardo,Ivo

Anonimo ha detto...

Ho riprovato a riscrivere la stringa ma non è possibile contenerla nel commento.

Cliccate sul mio nome è il post lo potrete leggere ugualmente.

Il titolo,Lettera al Presidente della Repubblica

Bastian Cuntrari ha detto...

La cosa drammatica di questo tuo lucido, bellissimo post è che ho riconosciuto molti (me compresa) nella tua panoramica. Io sono quella che vorrebbe ormeggiarsi in un porto sicuro: ce la farò? E poi c'è mio fratello, solo un anno meno di me, pendolare Roma-Milano perché l'azienda (una multinazionale) aveva gli esuberi, e dunque ha cancellato la sede di Roma con un colpo di spugna. E i suoi figli, per i quali ha speso un occhio della testa per garantir loro una professione, sottolineare sul giornale annunci di offerte di lavoro per "cameriere", "commesso"...
Eh sì, Riccardo, hai ragione: se per 60 anni non avessero, le bestie, con scientifica determinazione, saccheggiato le nostre risorse, le nostre ricchezze per rimpinguare le loro, non assisteremmo a questa guerra tra poveri. Giacché tutti, ora, siamo poveri.

riccardo gavioso ha detto...

@ joe: davvero molo acuta la tua osservazione: le scelte lessicali sono spesso dei segnali molto precisi e molto tristi, come in questo caso.

e grazie, ovviamente

riccardo gavioso ha detto...

@ Audrey: visti i tristi primati in fatto d'incidenti sul lavoro, un collegamento con "Le anime morte" mi sembra mesto, ma inevitabile. E di Cicikov in giro ne scorgo mica pochi...

un abbraccio a te

riccardo gavioso ha detto...

@ ivo: ho letto la lettera e si ricollega bene a quel che dicevo... io sono stato molto fortunato e non mi sono mai trovato in frangenti così drammatici, ma comprendo chi fa scelte dolorose. Lo stato che non assicura la possibilità ad un famiglia di crescere, è indegno di questo nome.

grazie Ivo

riccardo gavioso ha detto...

@ bastian cuntrari: siamo in tanti ad affrontare situazioni simili e a lottare con la frustrazione che ne deriva. Perchè oltre ai problemi materiali, c'è la frustrazione e forse è anche peggio. Ricordo mio padre, la sua soddisfazione per aver assicurato un futuro sereno ai figli, e temo che non potrò fare altrettanto col mio... e non è una bella sensazione.
Poi penso che rispetto ad altri posso ritenermi molto fortunato, ma l'amarezza resta.

grazie per le tue parole

Anonimo ha detto...

Buon Primo Maggio,da una sovversiva. Tu oggi chi hai sbranato per ottenere un posto di lavoro? Io nessuno ,oggi ho festeggiato.

riccardo gavioso ha detto...

o cerco di arrivare in porto, ma ho la netta sensazione che finirà come "Il vecchio e il mare" ;)

buon 1 Maggio

oggi è giusto festeggiare, da domani proveremo a sovvertire :)

Anonimo ha detto...

Sono convinta che l'importante e' tentare. Come ho gia' scritto su un post,abbiamo dalla nostra la forza della ragione. E come hai ben ricordato il vecchio e il mare, dimmi cosa si ricordera' in eterno quel pescatore, o i b....boiardi di stato (mannaggia stavo scrivendo un'altra parola)

riccardo gavioso ha detto...

Aveva 104 anni Gregorio Fuentes il pescatore cubano, grande amico d’Ernest Hemingway ed ispiratore di Santiago, il pescatore “…magro e scarno… con le chiazze del cancro della pelle provocato dal sole tropicale…tutto in lui era vecchio, tranne gli occhi… allegri ed indomiti…”, protagonista del famoso romanzo “Il vecchio ed il mare” che, nel 1952, valse il premio Oscar allo scrittore statunitense. Gregorio Fuentes nacque a Cojimar (Cuba), poco distante da L’Avana, nel 1897. Figlio di pescatori, fece con il padre, all’età di sei anni, la traversata dell’Atlantico, durante la quale il genitore perse la vita: il bambino arrivò, da solo, alle Isole Canarie. Tornato in patria si guadagnò da vivere aiutando gli altri pescatori, proprio come il ragazzo del romanzo; con il passare degli anni si perfezionò a tal punto nel suo mestiere che divenne uno dei più valenti pescatori e capitani cubani.

Anonimo ha detto...

vedi nulla e' perduto. Bastera' imparare a "pescare". Ho visto alcune interviste a Fuentes e lo ricordo con dolcezza, come vedi un ricordo per sempre.

Anonimo ha detto...

Buon 1 Maggio anche da parte mia :-)

riccardo gavioso ha detto...

grazie, e gustiamoci sto "ponte"... il prossimo mi sa che lo paghiamo caro :)

Anonimo ha detto...

Purtroppo la storia, la triste storia, si ripete e si ripeterà! Rino, triste

riccardo gavioso ha detto...

da queste parti le storie tristi hanno la caratteristica di assomigliare a quella di Michael Ende.

una buona serata a te Rino

Anonimo ha detto...

mi dici perchè cercano saldatori e trovano solo gente del senegal, cercano pantettieri mungitori e trovano solo indiani, cercano badanti e trovano solo equadoregne e rumene. il lavoro non è solo quello in posta o in comune, abbassiamo le ali e alziamo le maniche.

Anonimo ha detto...

Non è che trovano solo gli stranieri,ASSUMONO SOLO STRANIERI perchè non conoscono le normative italiane dei contratti di lavoro,si accontentano di salari più bassi ed in nero e/o una parte in busta e l'altra in nero,perchè sono "ricattabili" e più deboli. Mi segno da sola in rosso,tanto non lo si vuol capire !!!!!!!

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