(il postino delle sei) - "Il ’68? Amavamo gli Usa, non Marx"



questo è il titolo de “La Stampa”, e sotto trovate le parole riportate dallo stesso quotidiano, a firma di Mario Baudino, e tratte da un intervista che Guccini ha rilasciato a un periodico vicino ad Alleanza Nazionale.

«Il ‘68 è stato il proseguimento di una vicenda umana, non soltanto mia, ma di tutta quella generazione che veniva dagli anni Cinquanta, piena di desiderio, a volte inconscio, di cambiamento. Dunque prima che politico, direi che il ‘68 è stato un fatto propriamente umano. Insomma, un fenomeno di costume». I suoi miti, rivela, non erano Marx e Marcuse (mai letti) ma Bob Dylan, Hemingway, l’America. E l’eskimo «non era politicizzato, non aveva significato ideologico». Infine, il colpo del ko: «L’ideale libertario è sempre esistito nell’uomo e non ha colori o etichette, non può essere fatto proprio dall’ideologia e va ben al di là degli schieramenti di destra e di sinistra».

Se qualcuno fosse così gentile da spiegare con calma a Baudino che amare Dylan in quegli anni non era l’esatto equivalente di stravedere per gli Stati Uniti, oltre naturalmente ad assegnargli l’award (visto che ama tanto l’America) per il miglior stravolgimento di una dichiarazione nel titolo di un articolo.

Tutto questo senza entrare nel merito delle dichiarazioni di Guccini, che mi lasciano un po’ perplesso.

30 commenti:

Linea Gotica ha detto...

sarei curioso di leggere per intero quell'intervista. Molti giornalisti tendono a mischiare le carte...

Lisa72 ha detto...

Sì, anche io vorrei leggere tutta l'intervista a Guccini...
Un abbraccio di sera... tra poco qui nevica.... brrrr
Lisa

riccardo gavioso ha detto...

@ lisa e nicola: l'intervista integrale non è disponibile sul sito del periodico. Vi lascio due link che la riportano, anche se non integralmente:

http://bologna.repubblica.it/dettaglio/La-provocazione-di-Guccini-Leskimo-Solo-un-cappotto/1411369

http://www.lastampa.it/_web/cmstp/tmplrubriche/musica/grubrica.asp?ID_blog=37&ID_articolo=749&ID_sezione=62&sezione=News

nevica anche qui!

Anonimo ha detto...

io ricordo della naia prima al CAR di Potenza e poi in Friuli con le guardie sul Cellina dove gli USA facevano le prove con bombe Napal che poi sganciavano nel Vietnam,ci piacevano le festine fatte nelle cantine o nelle soffitte con pochi soldi in tasca e tanta bella musica tanto italiana e inglese e tante ragazze semplici e la politica era ancora distante da noi ,anche se gli ideali (almeno nella mia compagnia )non erano orientati verso ovest ma verso l'est e mi ricordo ancora dell'ultimo anno alle prof.tecn. il sette ricevuto in condotta per essere stato un capo tribu con i primi scioperi a scuola.

riccardo gavioso ha detto...

io non ricordo molto, direi che ho vissuto la coda lunga del '68. Ricordo bene la musica, proprio Dylan e gli altri grandi gruppi. Ricordo purtroppo la tragica storia del bar Angelo Azzurro, ritenuto ritrovo della destra, e nel cui incendio in seguito al lancio delle molotov è morto bruciato uno studente operaio... l'ho visto con i miei occhi, visto che era di fianco al mio liceo.

un saluto

Anonimo ha detto...

ma quello non è successo molti anni dopo?

riccardo gavioso ha detto...

si è successo alcuni anni dopo, nel 1977 a seguito dell'omicidio a Roma di Walter Rossi

Anonimo ha detto...

L'America era dappertutto. Manifesti di "reclame" sui muri, musica nei jukebox. Film
americani a colori ed i primi slogan che tutti hanno imparato. Si sentiva anche parlare della Russia, ma un po' in sordina.Qualcuno diceva "a da venì baffone a mettere a posto le cose" Le ore di un operaio erano 48 alla settimana, e senza reclamare.
Macchine ce ne erano, ma non così tante, e giravano tranquille anche in quello che oggi è il centro storico. Andavano molto anche i romanzi americani. Io mi ricordo che andavo in biblioteca e leggevo tutto di un autore. Si pagava 500 lire per l'iscrizione.
Ci sono state ache le grandi manifestazioni delle femministe, che io ho accuratamente evitato. Avranno avuto il loro valore, ma visto ciò che proponevano e che cosa agitavano erano cose lontano da me. Lo slogan più dffuso allora in quelle manifestazioni era: "l'utero è mio e ne faccio quello che voglio" Potrei dire molto di più, ma credo che sia già abbastanza, all'occorrenza potrei scrivere un racconto.
Valeria

riccardo gavioso ha detto...

bella descrizione: modi di dire ormai passati, oggetti che non ci sono più, eppure il tutto non sembra lontanissimo...

un saluto

Anonimo ha detto...

Io so solo (perchè non ero ancora nato) che l'Italia era un paese che stava rinascendo e non poco si è dato da fare per diventare il terzo paese al mondo come forza economica....allora mi chiedo dove è finita la nostra forza economica e qui difatti entra in gioco l'america che (a partire dal grosso fallimento da hiroshima-nagasaki passando per il vietnam fino ad iraq e iran) ci ha fatto sognare con i suoi manager in doppiopetto ma non riconoscendo che la vera forza del paese non era nel mercanteggiare ma nel produrre e per questo ci siamo impantanati
Sognare di un'america icona della libertà è vaneggiamento puro perchè da sempre l'america non è liberta ma oppressione checchè se ne dica
Ma certo non si può dire qualcosa di buono nemmeno negli stati dell'est che hanno commesso, traviando l'ideologia del comunismo del tutto a favore di libertà e appianamento delle differenze di etnia e opinione, atti di genocidio indiscriminato per poi finire con la caduta del muro
Ora prendiamo il concetto che l'Italia è nata cresciuta ed è diventata grande grazie al comunismo forse perchè erano riusciti ad estrapolare il concetto originale e difatti da noi si stava davvero bene e le lotte del popolo contavano davvero qualcosa e i politici stavano ad ascoltare
Poi non so quando si è rotto qualcosa e ci ritroviamo ad avere gente collusa con la mafia al potere e persone che pendono dalle labbra della chiesa entrambe che vogliono la stessa cosa: piegare al loro volere il paese per profitto

riccardo gavioso ha detto...

sicuramente si è rotto qualcosa, e anche in quegli anni c'erano scenari inquietanti di cui si sapeva poco: pensiamo da una parte a Dallas e dall'altra alla difficoltà con cui i libri di Solzenicyn arrivavano in occidente.

Anonimo ha detto...

caro Rick,per me come dici tu, all'improvviso si è rotto qulcosa,quando l'italiano ha raggiunto un certo benessere sociale ,accorpato più persone in questo vivere abbastanza serenamente e discretamente con "lavoro per tutti quelli con buona volonta"( anche se esisteva come oggi del resto la raccomandazione) forti nei sindacati e nei partiti che veramente ascoltavano il popolino ....patatrac si è giunti al capolinea e invertita la rotta fino ai giorni di oggi dove un giovane ha maggior difficoltà di lavorare serenamente e il divario tra ricco e povero e aumentato in misura abissale.

riccardo gavioso ha detto...

credo che col passare degli anni si sia perso il core businnes: il lavoro sembrava sminuito dal lato finanziario delle attività economiche, e la politica vi attingeva a piene mani.
Da Fiat a Montedison a Parmalat...

Anonimo ha detto...

Io non c'ero al tempo.
Però sono certo di una cosa.
L'Unione Sovietica non era il socialismo e non era la libertà.
Gli Stati Uniti invece erano e sono il capitalismo, e non sono la libertà né lo potranno mai essere.
Il capitalismo ha sempre tolto la libertà, anche piú delle peggiori dittature staliniste.
Solo che mentre il socialismo toglieva la libertà in patria, e la cosa veniva propagandata, il capitalismo toglieva non solo la libertà (i vari dittatori in sud america) ma anche i mezzi stessi di sostentamento. Lo stesso economista liberale Amartya Sen ha ammesso che se è vero che il governo cinese è responsabile dei morti della carestia del 58-61, il governo indiano (democratico e capitalista) è responsabile di tutte quelle persone che sono morte per la mancanza di un'assistenza medica di base per i suoi cittadini. E dal 1949 al 1981 ogni 8 anni l'India recuperava le vittime della carestia cinese. (Per informazioni leggete Power and Terror di Noam Chomsky)

Tutto questo per dire che i gravi e tremendi errori del comunismo non rendono il capitalismo un sistema "buono".

riccardo gavioso ha detto...

la tua analisi è del tutto condivisibile. Due sistemi che hanno prodotto milioni di morti.
Uno sicuramente più rozzo, l'altro in guanti bianchi e con la tendenza a lavorare per interposta persona. Ci sono voluti comunque molti anni per vedere le trame del tessuto...

Anonimo ha detto...

chi non ricorda CAPANNA? chi non ricorda il suo libro " formidabili quegli anni?" chi non ricorda la vittoria dei poveri vietnamiti contro l'oppressione capitalista? chi non conosce il principio che si diceva allora: se non fai politica, lasci che siano altri a farla al tuo posto e ad ingannarti, anche per questo il 68 ha il senso essenziale di un varco aperto per guardare, pensare, andare piu' lontano

riccardo gavioso ha detto...

sicuramente questo è vero: ha cambiato il modo di pensare, di vivere la politica. Ma fino a che punto è riuscito ad incidere sulle leve del potere... molte illusioni sono rimaste tali, e molti si sono persi per strada...

Anonimo ha detto...

Ci sono voluti comunque molti anni per vedere le trame del tessuto... --> Anche perché se in URSS c'era la censura dello Stato, in Occidente c'era l'autocensura da parte di chi aveva il potere economico, ed era difficile venire a conoscenza di certe cose. Adesso i mezzi per informarsi sono piú economici grazie a internet, ma se non c'è qualcuno che ne parla di certe cose neanche ci si mette a cercarle, ed adesso c'è meno informazione a livello di "massa" di allora, quindi anche se ci sono piú potenzialità informative essere rimangono, appunto, potenzialità.

chi non conosce il principio che si diceva allora: se non fai politica, lasci che siano altri a farla al tuo posto e ad ingannarti --> Cosa quantomai attuale.

riccardo gavioso ha detto...

sempre ammesso che oggi sia ancora possibile fare politica... specie, farla senza vendere l'anima al diavolo...

Anonimo ha detto...

La politica non si fa solo nel parlamento, ma anche e soprattutto facendo informazione. Solo attraverso l'informazione e la coscienza collettiva si possono cambiare le cose (intendo nei Paesi occidentali). Infatti non c'è nessuna costrizione dittatoriale, in Europa, sono le persone a non voler cambiare le cose, perché, obnubilate dal consumismo, alienate dal lavoro sempre piú stressante, quando hanno un minuto di tempo libero vogliono soltanto spegnere il cervello e non credono che ci sia un'alternativa a questa società. Bisogna fare politica attiva "dal basso", parlando con le persone, solo se anche loro, o almeno una parte di loro, farà la stessa cosa potremo formare una coscienza che permetta di cambiare le cose.
Uno degli obiettivi del mio sito (del quale ho riportato qui alcuni articoli) è questo: informare le persone. Io ed alcuni conoscenti vogliamo anche organizzare delle conferenze a questo scopo, per parlare di tutti quegli argomenti di cui molti non sanno nulla. Chessò, del finanziamento USA ai Contras in Nicaragua.

riccardo gavioso ha detto...

indubbiamente hai ragione: è quello che proviamo a fare, e internet devo dire che offre un grosso aiuto nel fare politica dal basso. Purtroppo rimane difficile raggiungere proprio le persone per cui l'informazione sarebbe più utile.

vado a dare un'occhiata al tuo sito

Anonimo ha detto...

Io(da ragazzino) allora c'ero. E ricordo che si diceva, soprattutto, che il personale era politico. Non si ammetteva separazione tra vita privata e vita politica.
Ma il '68 era l'apice di un movimento che tentava a poco a poco la ribellione agli schemi imposti dall'alto, dalle istituzioni, dalla famiglia, dalla società. Dalla minigonna di Mary Quant ai Beatles, a Bob Dylan a Gaber e a Dario Fo. Tutti parlavano con un linguaggio nuovo. Si contestava il "vecchio" e si aprivano strade nuove ovunque. Una rivoluzione nel costume c'è stata davvero, e oggi pochi se ne accorgono. La "politica" dei partiti non era la politica delle masse. Quelli erano momenti in cui ci si metteva in discussione, si osava, si dissacrava. Ma per raggiungere qualcosa di nuovo, non per sfasciare e basta. Poi è venuto il 77 e poi...il "riflusso".
Oggi, tutti alla TV a bere quello che ci viene gentilmente proposto...Martini e campionati di calcio onnipresenti.
Il tempo per pensare, fortunatamente, oggi non c'è più. Non ce n'è bisogno, basta un bel monitor a casa, in macchina, in ufficio...e sai dove andare!! :-)...ed il personale, oggi, è ancora politico...(a mio avviso).

Anonimo ha detto...

Il movimento del 68 è europeo, nasce con le rivolte degli studenti francesi e via via in tutta europa. I modelli americani, quelli che erano contro il sistema, da Dylan a tanti altri sono stati il riflesso, ma la base del movimento è europea. Io ho vissuto il post 68 e caro Rick ho visto e vissuto bombe e stagi piazza loggia ho visto gente che conoscevo bene morire in quella piazza, gente mite, onesti lavoratori pensionati. Non divaghiamo, rivendichiamo il fenomeno di grandi cambiamenti del 68 come europeo e non sottovalutiamo che quel modo di pensare ci ha consentito di fare grandi battaglie di civiltà. Sono convinto che senza 68 non avremmo avuto divorzio, aborto e tante altre battaglie civili

Anonimo ha detto...

scusa, ma non sono proprio d'accordo. il maggio francese viene dopo la contestazione (del 67) dell'università di berkeley, california. e si richiama ad essa. l'europa allora non esisteva proprio neanche come idea..... e anche divorzio e aborto sono venuti dopo, dai radicali (che allora non erano nati).
gli ideali di cambiamento sono stati giovanili ed internazionali, con una forte base nell'america democratica (che contestava il vietnam e che si identificava anche con robert kennedy, martin luther king, malcom x) e in francia...

Anonimo ha detto...

preciso meglio:
i moti in europa sono stati spontanei e si sono sviluppati autonomamente e diversamente da quelli americani
ho detto che il pensiero sessantottino ha permesso di sviluppare coscienze più laiche che hanno poi iniziato battaglie civili prima del 68 impensbili
Certo è stato internazionale condivido ma con dei distinguo basta pensare alle ideologie ecc

riccardo gavioso ha detto...

credo che l'importanza del '68, anche se è diventato di moda sminuirla, non si possa negare. Altrettanto si può dire delle battaglie civili che sono il frutto di quegli anni. Molti interrogativi invece rimangono sulle ragioni che hanno poi portato ad un calo di quella tensione ideale, fino ad arrivare a una situazione piuttosto sterile, come quella che viviamo tutti i giorni.

un caro saluto

Anonimo ha detto...

Ma siamo sicuro che quell'articolo è proprio di Guccini?
Lui scrisse un bel libro sul 68, mi sembra che fosse Cittanova Blues, parlava certo di una gioventù che cercava l'anticonformismo per cuccare alla grande, ma c'era anche di più. La sua mania per l'America c'è sempre stata, ricordate Pensylvania Station e ricorda sempre il suo periodo americano, tra questo però è il qualunquismo c'è una bella differenza.
Nel 68 avevo 17 anni, lavoravo, ma frequentavo il mondo studentesco, le riunioni politiche, i collettivi. Si contestava il potere dei padroni, le idee dominanti, il consumismo, la guerra in Vietnam, le imposizioni dei matusa (leggasi anche genitori), il lavoro in banca, i voti a scuola, i baroni e le baronie, la stampa fascista, i fascisti in generale, i doppiopetti, le sottovesti, i tacchi alti, l'idea della pensione,le valigie,i cappotti, il matrimonio ecc ecc potrei continuare all'infinito e tra l'altro l'ordine è volutamente sparso.
Eravamo un pò ridicoli, ma molto coraggiosi, facevamo i picchetti fuori dalle fabbriche e occupavamo le scuole, facevamo l'autocritica, e sì la politica non era divisa dal privato.
Leggevamo Marx, Lenin, Marcuse, ma anche i Pisan Cantos di Ezra Pound, conoscevamo la storia del Laos, Ho Ci Min, Che Guevara, Jack Kerouac e On the road, ascoltavamo jazz e il rock americano, ma non amavamo il capitalismo americano.
Una sera per strada ho incontrato Allen Ginsberg quello di Juke Box all'idrogeno,sapete quello di Howl "Ho visto le menti migliori della mia generazione distrutte dalla droga..." e ci ho parlato insieme tutta una sera io con il poco inglese che conoscevo e lui in spagnolo.... che straordinaria esperienza... Ho cantato e suonato le canzoni di protesta "Contessa" "L'internazionale" "Sebben che siamo donne..." e tante tante altre...
Che stagione fu quella stagione
Davanti a muso duro di fronte ai questurini, a protestare con gli artisti contro la biennale d'arte, che presentava le opere dei baroni. Scappando alle cariche,ci sentivamo eroi ed avevamo coraggio, tanto coraggio, niente ci fermava, le prendevamo sempre e non le restituivamo mai... eppure c'era solidarietà, c'era onestà, c'era purezza..... eravamo ancora tanto lontani dagli anni bui, gli anni di piombo. Ci hanno chiamato gli angeli dannati, siamo stati gli angeli del fango quelli che a firenze scavavamo con le mani nel fango, quelli che in Friuli scavavano con le pale e cucinavamo nelle cucine da campo. Eravamo la beat generation, i figli dei fiori, i beatnik, i moods, i capelloni, i porci con le ali...
Beh potrei andare avanti in eterno, ma è inutile perchè il tempo ci ha sfiancati, ci ha resi bolsi, ci ha divisi, abbiamo sbagliato? Forse, ma allora non c'era altro da fare per uscire da quel perbenismo e conformismo che ci rendeva muti....
No, il 68 è stata un'epoca straordinaria, nel bene o nel male è stato l'unico momento dove i giovani hanno trovato la parola...peccato che successivamente l'hanno usata per dire ca....te

riccardo gavioso ha detto...

nel commento alla tua bellissima testimonianza provo a tirare le fila: anzitutto concordo con le cose che hai scritto di quegli anni, io nel '68 ne avevo nove e queste cose diciamo che le ho vissute di riflesso. Molte delle cose che ci sono state, non ci sarebbero state senza quella tensione ideale che negli anni successivi sembra essersi perduta.
Personalmente stimo molto Guccini, sia come cantante che come scrittore, e alcune cose non mi sorprendono, altre sì. Come qualcuno ha chiesto, forse bisognerebbe leggere l'intera intervista, e il mio articolo voleva proprio sottolineare come una sua certa sincerità sia stata manipolata nel titolo quasi a far pensare che partecipi alla campagna elettorale di George.
Purtroppo il discorso sarebbe molto lungo...

un caro saluto

Franca ha detto...

E' chiaro che prima di dare un giudizio bisognerebbe leggere tutta l'intervista e capirne il senso. Della nostra informazione non ci si può fidare.
Comunque, sinceri o no, i cantautori italiani "impegnati" sono stati la colonna sonoro della mia vita e di tanti altri che con loro hanno scoperto l'impegno civile e politico.

riccardo gavioso ha detto...

@ franca: il problema è che si è un po' divagato sul '68. Il senso del post, che in quanto "postino" non poteva dilungarsi, era proprio lo stravolgimento della dichiarazione di Guccini, che ho sempre stimato come cantautore, e da qualche anno apprezzo anche come scrittore. "Portavo allora un eskimo innocente, dettato solo dalla povertà, non era la rivolta permanente...", quindi nulla di nuovo, tranne la strumentalizzazione di parole forse troppo sincere.

un saluto

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