William Shakespeare: toscano o messinese?



Una domanda tanto assurda, sta diventando di stringente attualità grazie a rigorosi studi di due ricercatori italiani. Naturalmente, vista la notorietà della vittima, potremmo liquidare la questione come un ingenuo e poco accorto tentativo di scippo letterario, ma sarebbe un errore…
Le teorie di Saul Gerevini e Martino Iuvara sono così ben documentate da aver trovato spazio anche sul prestiogioso “ The Times “, quotidiano per antonomasia dei cittadini della perfida albione.
Molti dubbi hanno sempre gettato un alone sulla vita e le opere del grande drammaturgo inglese. A una assoluta mancanza di documentazione storica su buona parte della sua esistenza, si accompagnano rilevanti perplessità sul fatto che l’umile figlio di un guantaio o di un macellaio, cresciuto in uno sperduto paesino di campagna, potesse essersi impossessato di una cultura vastissima, che ci viene testimoniata dalle sue opere. Altro mistero che da sempre riguarda la sua produzione è la perfetta conoscenza delle tradizioni e dei costumi del nostro paese: basti pensare che quasi la metà delle opere di Shakespeare sono ambientate in Italia. E che dire del fatto che i drammi di Shakespeare rivelino un’eccellente conoscenza della legge e della medicina, di nozioni di caccia, falconeria e altri sport, come pure dell'etichetta di corte. Lo storico John Michell dice che era "lo scrittore che sapeva tutto". Nei drammi di Shakespeare si parla in cinque occasioni di naufragi, e l'uso di termini nautici fa pensare che lo scrittore fosse un esperto marinaio. Ma Shakespeare aveva viaggiato all'estero? Aveva servito nella marina? Ebbe una parte nella sconfitta dell'invincibile Armata spagnola nel 1588?
Muove da queste considerazioni Saul Gerevini che liquida William come un oscuro prestanome privo di cultura, e attribuisce a John Florio la paternità di tutte le opere attribuite a Shakespeare .
Florio, esule toscano protestante, perseguitato per motivi religiosi e approdato alla corte d’Inghilterra, aveva la necessità di rimanere nell’ombra in quanto precettore di corte. Uomo di vastissima cultura, insegnante di lingue, ebbe tra i propri allievi il conte di Southampton, i figli di Re Giacomo e la stessa Regina Anna di Danimarca. John si sarebbe quindi servito di William per consegnare i manoscritti a teatro e per dirigere i lavori.
Lo studio è ben documentato e articolato. Poggia le sue deduzioni sul fatto che Shakespeare non è mai stato visto scrivere, sulle testimonianze di suoi amici, come quella di Ben Jonson, che indicano come non conoscesse né il latino né il greco. In ogni caso William non poteva avere la conoscenza semantica che è testimoniata dalle sue opere. Conoscenza che invece certo non mancava a Florio, autore di un dizionario inglese di oltre 150.000 lemmi, in cui ci s’imbatte spesso in definizioni che poi ritroviamo nell’opera shakespeariana.
Questa teoria si interseca con quella del prof. Martino Iuvara, docente della cattedra di letteratura a Parelmo, secondo cui Shakespeare sarebbe nato proprio a Messina. Città che avrebbe abbandonato per sfuggire all’inquisizione, dal momento che i genitori erano ferventi calvinisti, per approdare a Stratford dove avrebbe cambiato il nome da Michelangelo Florio Crollalanza nel suo equivalente inglese di Shakespeare.
L’ipotesi nasce da un rinvenimento, negli anni venti, di un manoscritto di proverbi a firma Michelangelo Crollalanza, i cui molti detti si ritrovavano fedelmente riportati nell’Amleto . Inoltre alcune sue opere sembrano essere la versione originaria di altre ben note attribuite a Shakespeare, come "troppu trafficu pì nnenti", scritta in messinese, che potrebbe essere l’ originale di "Troppo rumore per nulla", apparsa 50 anni dopo.
Quindi la ricostruzione storica ipotizzata sarebbe questa: nel 1564 Michelangelo, nasce a Messina da un medico, Giovanni Florio e una nobildonna chiamata Guglielma Crollalanza, entrambi seguaci di Calvino. L'inquisizione era sulle tracce del dott. Florio a causa delle sue idee eretiche calviniste, allora la famiglia fuggì a Treviso, vicino Venezia, comprò stranamente casa Otello, proprio come l'Opera, costruita da un mercenario veneziano chiamato Otello che, la leggenda locale diceva, anni prima, avere ucciso, per la sua mal risposta gelosia, la moglie. Michelangelo ha studiato a Venezia, Padova e Mantova ed ha viaggiato in Danimarca, in Grecia, in Spagna ed in Austria. Era diventato amico del filosofo Giordano Bruno, che doveva essere bruciato sul rogo per eresia nel 1600. Bruno, dice lo Iuvara, aveva forti collegamenti con William Herbert, Conte di Pembroke e con il Conte di Southampton. Nel 1588, a 24 anni, Michelangelo si recò in Inghilterra sotto il loro patronato. Sua madre, la Signora Crollalanza, aveva un cugino inglese a Stratford, che prese il ragazzo in casa. Il ramo di Stratford aveva già tradotto il loro cognome come Shakespeare ed aveva avuto un figlio chiamato William, che era morto prematuramente. Michelangelo, dice il professore, ha semplicemente preso questo nome per se stesso, diventando William Shakespeare.
Entrambi gli studi vengono da persone indubbiamente preparate e, al contrario della vita di Shakespeare, paiono molto ben documentati. Sarà quindi difficile liquidarli come “ Molto rumore per nulla “.

6 commenti:

Gaspare Armato ha detto...

Eccellente post, Rick, davvero ben scritto e documentato.
Forse c'è qualcosa di vero nelle loro teorie, giacché il nostro Shakespeare realmente non aveva una profonda cultura e riferimenti e particolari delle sue opere alla nostra Italia sono davvero inusuali per un uomo che non l'aveva mai visitato. Mah! I misteri della storia.

Felicità

Rino, interessato.

riccardo gavioso ha detto...

Grazie Rino,
certamente la campagna inglese del '500 pare un humus davvero molto povero per sviluppare tutta quella cultura, tipica di chi molto ha viaggiato e molto ha visto.
Le teorie su Shakespeare sono sempre state numerose, ma queste due indagini storiche sono corredate da indizi davvero sorprendenti.
Iniziamo col riprenderci Shakespeare, poi puntiamo a far rientrare " La Gioconda " :)

Gaspare Armato ha detto...

Hai ragione Riccardo, anche perchè vi sono alcuni anni bui nella vita del nostro, sarà venuto in Italia, sarà andato a vivere in Inghilterra?
Beh!

Rino

Anonimo ha detto...

Quella dell'identità di Shakespeare è una problematica complessa: arrivare ad identificarla con precisione presuppone un percorso non intuibile a prima vista, e nemmeno a seconda vista. Dimostrare chi era veramente questo autore è possibile solo se arriviamo a capire anche le motivazioni non solo artistiche delle sue opere. C'era un'esigenza particolare, a quel tempo ed in quell'luogo in particolare (l'inghilterra elisabettiana e giacobita), che tendeva a far si che certe opere politiche avessero una diffusione enorme ma allo stesso tempo mantenessero l'anonimato per chi scriveva dietro le quinte. Questi "invisibili" si servivano di personaggi come William di Stratford, che per la sua poca consistenza sociale fungeva bene come presta nome. Il potere effettivo che si esprimeva attraverso le opere del Bardo doveva necessariamente restare nascosto: questo perchè le opere di Shakespeare sono manifesti rosacrociani. I rosacroce non hanno mai amato rivelare le loro identità.

riccardo gavioso ha detto...

Il problema dell'identità di Shakespeare è sicuramente complesso, anche per le ragioni che hai così bene esposto. Le teorie sono numerosissime, ma partono quasi tutte dalla premessa che William fosse solo un prestanome. In mancanza di nuove scoperte, sarà difficile pensare di poter arrivare alla verità, anche se le due teorie che ho riportato nel mio articolo, paiono derivare da studi seri, e non si possono certo dire che in essi manchino coincidenze sconcertanti.

Anonimo ha detto...

Io sono perfettamente d'accordo con te, soprattutto per quello che riguarda la teoria che propone il toscano John Florio come alter ego di Shakespeare, perchè Florio non solo era ben introdotto negli ambienti rosacrociani (se non addirittura rosacrociano lui stesso), ma anche per le sue conoscenze di alto bordo, oltre che per la sua notevole cultura.

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