i bravi macellai si meritano le ferie (seconda parte)



(la prima parte dell’articolo è disponibile appena più in basso)

I musulmani iniziano a tornare a Srebrenica.
Ad attenderli, i problemi di disoccupazione e il non facile vicinato con i serbi. La ricerca dei criminali di guerra continua, alcuni vengono catturati, ma molti lavorano ancora nelle istituzioni locali e governative. Eufor è isolata in questo compito: la polizia bosniaca non arriva al momento dell’operazione o peggio, avverte i ricercati.
Non tutti però tornano.
Alcuni sono attendati nei pressi dello stadio di Sarajevo e protestano. Protestano ricordando che il Tribunale Internazionale dell’Aja ha riconosciuto le responsabilità della Repubblica Srpska nel genocidio, la stessa repubblica della quale dovrebbero far parte tornando a Srebrenica: difficile dargli torto, difficile immaginare degli agnelli contenti di finire sotto la giurisdizione dei lupi.
Difficile anche pensare che si possa accettare di tornare in una città fantasma, fatta di case diroccate e di rivoli maleodoranti che scorrono per le vie. D’altra parte, l’orrore non si cancella, come metallo pesante intride il terreno e come polvere sottile aleggia impalpabile nell’aria.
Ricordo l’intervista con un taxista di Mauthausen, che aveva dovuto smettere di fare l’accompagnatore di turisti nel campo di sterminio: “ dopo dieci hanno l’orrore ti passa attraverso la pelle “ diceva, “ e per dormire devo ricorrere agli psicofarmaci, come una buona metà dei miei concittadini, peraltro “.
Una miriade di storie si accavallano. Quella di Ćalim: “ Avevo quindic’anni quando è stato commesso il genocidio e sono sopravvissuto a tutto. Sono scappato attraverso le montagne fino a Tuzla, sono stato colpito due volte. So bene cosa è successo in quei giorni. Ora ho un’istruzione e non lascerò che nessuno ci prenda in giro”. Quella di Selma: ha 23 anni e studia sociologia a Sarajevo. Si ricorda della fuga a Tuzla nel luglio del 1995 con il fratello. Il padre è stato ucciso, aveva trentasei anni e il corpo è stato ritrovato l’anno scorso. La sua famiglia ha ancora una casa a Srebrenica ma lei non ci è mai tornata. Selma è fidanzata con un ragazzo, anche lui di Srebrenica, emigrato in Svezia, e spera di raggiungerlo presto. Quella di Jasmina: ha 44 anni, ma ne dimostra trenta di più. Vive in un ostello dignitoso per profughi alle porte di Sarajevo assieme a suo figlio di otto anni. Jasmina piange, quando racconta la sua storia. Ha perso trenta parenti nell’eccidio. Adesso la sua casa è stata ricostruita, dovrà andarsene da Sarajevo e tornare lì, nella cittadina del massacro che conta oggi 10 mila abitanti, per la maggior parte sono serbi-bosniaci. Deve tornare a fare la contadina, adesso che ha meno forze, in una valle che, racconta Jasmina, una volta era una bella valle, con le terme, le fabbriche che davano lavoro, con un’agricoltura fiorente.
Le madri di Srebrenica non sono meno decise dei figli che stazionano in tenda a Sarajevo: si sono riunite in associazione e reclamano a gran voce che l’Aja riconosca le responsabilità dei caschi blu olandesi che li hanno lasciati in balia dei cetnici. Si chiedono anche come sia stato possibile che la comunità internazionale abbia avallato il risultato di un genocidio, e su questo avallo sia sceso un urticante silenzio. Anche qui il negazionismo si dà da fare: agisce nell’ombra, in punta di piedi, in attesa di tempi più propizi.
Ma le madri di Sebrenica, oltre a non poter dimenticare, non sono neppure disposte a dispensare perdoni di facciata. Recentemente hanno rifiutato l’accesso al cimitero a una decina di ex-caschiblu olandesi, che dopo essersela data a gambe da quei luoghi, hanno impiegato più di dieci anni per tornare sui propri passi. D’altra parte l’intera nazione non sembra brillare per celerità: nel 2006 hanno insignito con medaglie i militari di stanza a Srebrenica… pensavo per le indiscutibili doti di mezzofondo, ma sembra lo abbiano fatto per l’eroismo dimostrato!?
Le donne sono state corrette ma risolute, e hanno invitato gli olandesi a tornarsene a casa e usare il pentimento perché nel loro paese fosse finalmente scritta la verità su quel che era accaduto.Pronto a patirne le conseguenze, mi siedo dalla parte del torto, e sto con le madri di Srebrenica!

5 commenti:

Anonimo ha detto...

Srebrenica è una piaga che pesa su molti cuori.
Purtroppo, come hai detto tu, l'orrore non si cancella.

Un piccolo saluto, senza sorriso...
Ciao
Mister X di Comicomix

riccardo gavioso ha detto...

per comicomix,
eppure sapessi in quanti si danno un gran daffare per cancellare l'orrore... soprattutto le responsabilità dell'orrore.
Ricambio il saluto, col tuo stesso stato d'animo.

per Lisa,
ti ringrazio molto per la tua testimonionza, perfetta per chiudere questa piccola cronaca di grandi e dolorosi fatti.
Una buona serata, Riccardo.

Approfitto anche per ringraziare le più di mille persone, che leggendo le mie modeste righe, credo abbiano voluto mantenere vivo il ricordo di quei giorni, nella speranza che più nessuno debba vedere la notte della ragione.

Anonimo ha detto...

Solo Mister X nella sua immensa bonta può insinuare il dubbio che i complici pecchino di distrazione ;-)
Come la guida che ha dovuto smettere di fare la guida per continuare a vivere così chi "comanda" dovrebbe fare gite educative almeno una volta al mese per arrivare forse a capire che la realtà di tutte le morti non è come un videogioco o un numero scritto su un foglio e che quelle PERSONE non ci sono più realmente...
Un saluto, Lisa

riccardo gavioso ha detto...

per Comicomix,
eppure sapessi in quanti si danno un gran daffare per cancellare l'orrore... soprattutto le responsabilità dell'orrore.
Ricambio il saluto, col tuo stesso stato d'animo.

per Lisa,
come hai ragione... temo che per molti siano solo " numeri da scaricare ", come dice uno dei miei cantautori preferiti.
Una buona serata, Riccardo.

Anonimo ha detto...

leggere l'intero blog, pretty good

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