aspirante scrittore: i numeri con cui dovrai confrontarti


Nell’ultimo decennio gli aspiranti scrittori sono addirittura triplicati. Difficile capire le ragioni di un tale incremento: psicologi e analisti consigliano sempre più spesso la scrittura come mezzo terapeutico, e non sono certo privi di colpe o di meriti, a seconda di come la si voglia vedere. Ma le vere ragioni paiono sfuggire.
La maggiore casa editrice piemontese dichiara di ricevere dai 2.000 ai 3.000 manoscritti l’anno, e ne riesce a pubblicare da 1 a 4. Un altro illustre editore pubblica un solo esordiente l’anno, e dichiara di ricevere 4 o 5 proposte al giorno. Il curioso è che entrambi, nonostante numeri da superenalotto, dichiarano che rispetto al passato, grazie a internet e posta elettronica, oggi esordire è diventato più facile. E in un impeto di condiscendenza, confermano che il livello medio è decisamente cresciuto, anche se la maggior parte degli scritti appare comunque impubblicabile.
La stragrande maggioranza delle opere è, più o meno dichiaratamente, autobiografica: altra cosa curiosa, visto che molti si lamentano di condurre esistenze piatte e monotone, ma ciononostante le reputano degne d’interessare i potenziali lettori.
Ma torniamo al punto. Questa montagna di manoscritti che fine fanno?
Dopo una prima scrematura, che consiste della lettura di 4 o 5 pagine, atta ad eliminare le cose meno valide, si affida il compito della lettura a collaboratori interni o esterni, che possono essere autori più o meno noti. Questi compilano delle schede di lettura da sottoporre alla direzione editoriale, che si riserva la decisone finale.
Per le risposte agli autori possono occorrere dai 2 ai 12 mesi, anche se si cerca di non valicare la soglia dei 6 mesi. Non tutti però avranno la parziale soddisfazione della risposta, 300 o 400 al massimo. A consolazione dei bocciati con lode, gli editori dichiarano d’inviare risposte articolate, e tali da favorire un netto miglioramento del testo da parte dell’autore.
Quanto a quelli che si salvano dalla decimazione? (anche se mai termine è parso meno appropriato)
Dopo un ampio rimaneggiamento del testo – guai a creare difficoltà - verrà loro concessa una prima edizione con una tiratura sulle 3.000 copie. Il criterio è decisamente prudenziale e non è raro che si possa arrivare alla seconda. La possibilità di arrivare alla pubblicazione di un secondo romanzo, invece, viene definita dagli editori ipotesi assai improbabile.
In ogni caso, i migliori esordienti possono puntare alla vendita di 5.000 copie, e solo Mariolina Venezia, lo scorso anno, ha infranto la regola, arrivando alle 30.000. Eccezione talmente rara che l’ha condotta direttamente al Premio Campiello.
Quanto alla permanenza in libreria, la vita dell’esordiente pare effimera: dai 2 mesi ai 12 al massimo. E spesso i risultati di vendita sono totalmente sconfortanti e non si discostano in maniera significativa dallo zero.
Se dopo aver letto queste righe vi sentirete demotivati, commettereste un grosso errore: Raul Rosseti, per esempio, è arrivato alla pubblicazione con Einaudi esattamente trent’anni dopo il rifiuto di Longanesi, rischiando di sottoscrivere quel famoso aforisma che recita: “ Esordirò postumo… con grandissima soddisfazione “.
Volendo concludere, e comprendendo l’irritazione di molti di voi che come il sottoscritto si sono dati alla scrittura proprio per non aver nulla a che spartire coi numeri, chiedo venia, ma reclamo un ultimo sforzo: dalle cifre succitate si può evincere, con una semplice moltiplicazione, che gli scrittori che in questo momento stanno lavorando al loro primo romanzo sono non meno di 10.000… molti addetti ai lavori purtroppo sostengono che i potenziali lettori siano decisamente più esigui, specie considerando che il 95% degli intervistati indica come motivazione all’acquisto di un libro, la conoscenza di una precedente opera dell’autore.

No, vi prego, riprendete la penna e spegnete quella dannata televisione!

14 commenti:

Anonimo ha detto...

è proprio una lotteria.
E ognuno starà pensando: "ma invece di intasare le case editrici con le vostre cagate che tolgono spazio ai veri capolavori (perchè io credo che molti manoscritti,vista la mole, non vengano neppure letti)= perchè non andate a fare Jogging (o vi date all'ippica?)

riccardo gavioso ha detto...

potrebbe starci, se non fosse che ultimamente di capolavori io ne ho visti ben pochi...

Anonimo ha detto...

Riccardo come al solito centri il bersaglio con la frase:
"La stragrande maggioranza delle opere è, più o meno dichiaratamente, autobiografica: altra cosa curiosa, visto che molti si lamentano di condurre esistenze piatte e monotone, ma ciononostante le reputano degne d’interessare i potenziali lettori".

Se uno vuole ambire a diffondere le sue idee deve essere convinto che siano interessanti, coinvolgeni e che trasmettano emozioni.

Se si parte da questo assioma, perché scrivere di se stessi, solo per dimostrare una capacità tecnica e letteraria che nonnporta da nessuna parte?

Premesso che scrivere vuol anche dire trasmettere qualcoca di sé comunque, non sarebbe meglio scrivere con maggior convinzione?

Io non mi reputo uno scrittore, ma almeno ho la voglia matta di far emergere la mia visione di futuro, magari con tecniche approsimative, ma almeno con la vitalità di chi è felice e convinto di quello che scrive...

Alla prossima...

riccardo gavioso ha detto...

Roberto, hai lanciato un bel sasso nello stagno: di quest'aspetto dello scrivere ci sarebbe da discuterne per ore.
Gli elementi autobiografici credo siano presenti nel mio libro, nel tuo, e sicuramente, per quanto in modo meno evidente, anche ne " Il signore degli anelli ".
Semmai il problema è in che misura siano presenti, e in che forma.
Oggi gli editori paiono preferire una sorta di romanzo " Smemoranda " e gli autori ci vanno a nozze. Mi spiego: libri che riportano esperienze di vita non particolarmente significative, condite con riflessioni dal valore narrativo praticamente nullo. Libri fastfood, in cui l'identificazione è facile e immediata, e il bacino d'utenza e ampio e comprensivo.
Il problema è il talento: di ad uno scrittore: " bianco ", e se ha i numeri, lui ti butta giù una decina di pagine in grado di trasmetterti emozioni. Ma ci vuole anche qualcuno in grado di recepire.
Sono anni che si gioca al ribasso e il mercato è quasi distrutto, o, per tornare in tema, non in grado di fare grandi numeri.

Gaspare Armato ha detto...

... eccellente post: reale, concreto, tangibile; spero che lo leggano in tanti.

Complimenti.

Felicità

Rino.

Anonimo ha detto...

Grande Riccardo,
a me sono piaciute, oltre al tuo stile incisivo, proprio le cifre che hai "snocciolato". Penso che esse abbiano contribuito a quella concretezza di cui ha parlato Rino.

Saluti, Michele

riccardo gavioso ha detto...

Grazie a Rino e Michele,

già sono numeri che spaventano, se poi li raccordi con le parole di Luca che spiegano come, oltre a capacità e fortuna, serva anche il più classico dei " mi manda... "
Viene in mente quella frase di Brecht: " Ci sedemmo dalla parte del torto, perchè da quella della ragione era già tutto occupato ".

Anonimo ha detto...

Ho letto il post con amara/consapevole/angosciata attenzione, annuendo di continuo dicendo fra me "Sì sì, vero!" "Sacrosanto!" "Verissimo!". Naturalmente ho frequentato la facoltà di Lettere perché di statistica non ci capisco un accidente ed è una fortuna, così posso insistere nel mio proposito di esordire con la cocciuta ottusità che, se non è una garanzia, almeno ne potenzia la possibilità. Che le prospettive siano grigie già lo sapevo, che il passaggio da una eventuale prima pubblicazione ad una seconda sia altrettanto complicata è una cosa che mi angoscia, perché la delusione sarebbe ancor più cocente.
Quanto all'autobiografia presente nei propri testi, ritengo che parzialmente sia inevitabile: scrivendo, parlo di come la penso io e quindi di me. Anche quando sostengo posizioni opposte a quello che penso. In effetti non è nemmeno un difetto, se l'autobiografia costituisce uno spunto da sfruttare in modo virtuoso, ovvero al servizio di una storia più originale. In caso contrario si riesce a comporre un solo romanzo (non troppo interessante) e dopo nulla o al massimo stanche repliche dello stesso testo.
Ritengo anche credibile che la maggior parte dei manoscritti che arrivano ad una casa editrice non siano adatti alla pubblicazione, ma certo è anche che gli stessi editori hanno poco coraggio nel pubblicare e sostenere degli esordienti validi. Che dire? Stringo i denti e vado avanti. Tanto, non smetterei di scrivere ugualmente.

riccardo gavioso ha detto...

Ciao Andrea,

le tue ultime parole sono perfette: stringi i denti, vai avanti, e soprattutto non ti far demotivare da post cinici come i miei

però dicono che è sempre meglio conoscere le cose, e credo sia vero...

Anonimo ha detto...

Io vorrei solo aggiungere un ulteriore spunto di riflessione:
- Che cosa ha fatto ognuno di noi per cambiare questo stato di cose?
- Quanti libri di autori esordienti o piccole case editrici abbiamo acquistato negli ultimi 6 mesi?
- Se ci basiamo sui nostri acquisti, quanti piccoli editori potrebbero a sopravvivere soltanto grazie alla vendita dei propri libri?

Se non siamo per primi noi esordienti a credere nei libri dei nostri "colleghi", chi dovrebbe farlo? Chi dovrebbe spendere 12 o 13 euro (per la verità, i prezzi dei libri degli autori esordienti, a volte, sono anche più alti!) per portarsi a casa un romanzo scritto da uno di cui non ha mai sentito parlare, per di più pubblicato da un editore piccolo e sconosciuto? Che garanzie avrebbe, di non aver preso una bella fregatura?

E' anche, direi soprattuto, a domande come queste che cerca di rispondere DANAE...

P.S. I libri Lulu, purché dotati di ISBN, vanno benissimo per DANAE! Se utilizzate il meccanismo di ricerca presente sul nostro sito, vedrete che ce n'è già qualcuno in catalogo!

Anonimo ha detto...

Sì, anche a me non fa proprio piacere leggere di queste amare verità. In questo caso, come in molti altri, mi piacerebbe pensare ai numeri come a qualcosa che non mi riguarda affatto, eppure le cose stanno come dici, Riccardo, e bisogna prenderne atto.
Se mi scoraggio? Per niente. Tanto di scrivere non posso fare a meno. Per ora mi diverto, in futuro si vedrà...può essere che l'editoria rimanga l'unico settore in cui non si registra mai un'inversione di tendenza?
O.k., sono un'idealista

Anonimo ha detto...

Maurizio J Bruno mi trova perfettamente d'accordo... Per lo più la gente compra i libri "per autori conosciuti". Poi non ci si può lamentare che a noi non compri nessuno. La stessa cultura scolastica ci induce a procedere per Classici senza imparare a valutare un autore in sé. Personalmente a volte mi logoro nelle librerie cercando romanzi misconosciuti che a volte nemmeno arrivano. Molti dei miei autori preferiti li ho scoperti così.
In ogni caso, comprendo anche perfettamente il discorso di Miriam! Anch'io di scrivere non posso farne a meno...
Ciao

Anonimo ha detto...

Hai ragione. Recito per primo il De profundis.

Per quanto riguarda Lulu ho letto alcune pubblicazioni, ma con il fatto che mancano di un editing professionale la mancanza si sente. Forse investire in questo senso non farebbe che bene all'autore e alle sue pubblicazioni.

Anonimo ha detto...

necessita di verificare:)

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