Payatas, l'inferno in terra, chiamato " terra promessa "


Payatas, vicino a Manila, era l’inferno in terra, chiamato con triste ironia “ La terra promessa “.
Un inferno per 7000 famiglie, 40.000 persone, che ogni giorno scavano nei rifiuti della città per mangiare, per rivendere gli scarti altrui, per andare avanti fino a domani.
Per tentare di descrivere l’indescrivibile, mi faccio aiutare dalla penna di Stefano Oltolini: “Appena sceso dall’auto l’odore è indescrivibile. Una collina di rifiuti sotto il sole, e la pioggia della notte che diventa fango e lentamente scende a valle. La decomposizione dell’umanità. Bambini camminano lenti, con il loro sacco in mano e gli stivali ai piedi. Altri portano solo sandali o addirittura vanno scalzi. Tutti aspettano ansiosi i camion che arrancano su per la collina, per essere i primi a tuffarsi fra i nuovi rifiuti. Alcuni assaltano i camion durante la salita, li vedi arrampicarsi sulle fiancate, scomparire all’interno e poi saltare un attimo prima che sia troppo tardi, con fra le braccia qualche alimento putrefatto che le loro madri cuoceranno per cena. La situazione sanitaria è gravissima. Mosche, topi e zanzare sono ovunque, trasmettendo ogni sorta di infezioni.
Nel 2000 Payatas, vinta da pioggie particolarmente abbondanti, è crollata seppellendo la baraccopoli sottostante, la bidonville di Quezon City. I corpi recuperati dalle macerie di carta e fango erano più di cento, ma il bilancio delle vittime si attesterà a circa il doppio.
Da qualche anno Payatas dovrebbe essere stata chiusa, ma non ci è dato sapere dove si siano trasferiti i disperati che non sono riusciti a rientrare in qualche programma internazionale d’assistenza e i nuovi disperati per cui anche i rifiuti sono oro.
Cambiando continente e spostandoci in Brasile, l’Unicef è intervenuto in una discarica di rifiuti alla periferia di Olinda. Centinaia di bambini scavavano nella spazzatura, cercando cibo o materiale riciclabile. Erano chiamati "catadores" e erano pagati per raccogliere carta, vetro e plastica. Topi e cani scavano accanto a loro, rendendo ancora più precarie le condizioni igieniche dell'ambiente. La disperazione e la povertà che guidavano la ricerca li portava spesso a liti furibonde, e ogni anno morivano decine di persone.
Ma spostiamoci ancora e veniamo ai giorni nostri: ancora oggi è aperta vicino a Nairobi, in Kenya, una delle discariche più grandi di tutta l’Africa, che accoglie migliaia di tonnellate di rifiuti al giorno. La popolazione è perennemente esposta a sostanze tossiche che impregnano il suolo e l’acqua, e ai fumi della spazzatura che brucia in continuazione. La metà dei ragazzi ha tassi di piombo nel sangue superiori ai livelli di sicurezza riconosciuti a livello internazionale, livelli altissimi di cadmio e mercurio, un basso livello di emoglobina e di ferro. Il piombo danneggia il sistema nervoso, mentre il cadmio produce cancro e danni agli organi interni.
A questo punto vorreste sapere di quante altre Payatas oggi è fatta la vergogna del mondo… non so rispondervi, ma vi posso dire che ognuno di noi avrebbe il dovere di tentare di scoprirlo.
Quello che invece posso assicurarvi è che quando sette anni fa si scavava per recuperare i corpi di Payatas, un noto stilista faceva sfilare sulle passerelle di Parigi i suoi abiti spazzatura fatti di sacchetti neri, e che il raffinato buon gusto di un pennivendolo televisivo ha accostato le due notizie senza alcun commento.La giornata dell’ambiente ci chiede una riflessione. Ecco la mia, per quel che può valere: i danni che l’uomo procura all’ambiente si ritorcono sull’uomo, ma quelli che uccidono davvero, quasi sempre si ritorcono sul povero e purtroppo a morire di più sono sempre i bambini...

10 commenti:

Lisa72 ha detto...

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i danni che l’uomo procura all’ambiente si ritorcono sull’uomo, ma quelli che uccidono davvero, quasi sempre si ritorcono sul povero.
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e purtroppo a morire di più sono sempre i bambini...
Lisa

riccardo gavioso ha detto...

conclusione molto bella, e purtroppo molto vera.
Se mi dai il permesso l'aggiungo come finale.
A presto

Gaspare Armato ha detto...

La Storia lo insegna: pensare che già a Parigi, in quella splendida Parigi del 1600, si vietava l'uso del carbone fossile, avevano capito che era dannoso per la salute.
Cosa è cambiato da allora nella nostra martirizzata Terra?

Felicità.

Rino, perplesso.

Lisa72 ha detto...

ovvio che ti do il permesso!!! il tuo bel post ha partorito la conclusione!
Lisa

riccardo gavioso ha detto...

Rino,

se mi fai scoprire queste chicche, poi mi viene in mente la frase " medioevo prossimo venturo "

Felicità anche a te.

riccardo gavioso ha detto...

grazie Lisa

Anonimo ha detto...

Sapevo di quel girone dantesco e non posso far altro che tentare di dare risalto alla tua notizia...

Alla prossima...

Anonimo ha detto...

Condivido e voto, Riccardo.

A proposito complimenti per il nuovo look del tuo blog
e per il simpaticissimo sottotitolo.
Ok forse il sottotitolo già esisteva ... ma ora si nota molto di più
e le notizie "saltano" subito all'occhio.

riccardo gavioso ha detto...

Grazie Gianni,

in effetti ho deciso di favorire la parte giornalistica e sacrificare un po' quella narrativa. Purtroppo bisogna fare delle scelte...

Anonimo ha detto...

... anche a me piace il nuovo look del tuo blog: facile, piacevole, simpatico, asciutto e facilmente leggibile: complimenti.

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